Strano Paese, l’Italia. Di tutto di più, il limite non esiste, come pure il bavero della decenza. Succedono cose incredibili, episodi di cronaca meritevoli di una fiction televisiva o di un film d’evasione. Cambia poco, nell’ultimo e nell’altro caso. L’Italia si avvia a copiare con assoluta precisione la natura di tempo. Ovvero il desiderio costante e smodata di rappresentare sé stessa. Un teatro permanente, l’Italia, ventiquattrore su ventiquattro. Il teatrino quotidiano, primattori Salvini e Di Maio, impegnati in una infinita serie di litigi. Un serial anche questo: finti o reali il loro contrasti non solo dialettici? Imbronciati entrambi, vera o fasulla la rispettiva vis malinconica? Litiganti al mattino, sereni e composti in prima serata, magari sotto i fari della tv di Stato. Molto benevola la Rai nelle spartizioni interne delle cariche, generosa nella spartizione degli spazi. Petulanti al limite dell’inaccettabile, Lega e M5S, Matteo Salvini e Luigi Di Maio, la fanno ormai da padroni negli studi Rai di Montecitorio, a Saxa Rubra come in via Mazzini.
In Italia può succedere di tutto, anzi succede. La parola impossibile mai coniugata, semplicemente perché non declinata. In particolare da Trenitalia, nostra destinataria di improperi e critiche. Mai un treno che parta in orario. Attenzione, non i treni interregionali o Intercity: le Freccerosse. Il ricorso all’invenzione, alla bugia per giustificare quotidiani ritardi. Nemici della puntualità, ogni giorno maltrattati, e il ricorso alle scuse. I motivi giustificativi di serie giornaliere. "Guasto elettrico lungo la linea", "L’impianto di distribuzione momentaneamente interrotto", "Ritardo per un guasto a teno precedente lungo la linea", "Ritardata preparazione del treno". La cantilena quotidiana che spiazza la clientela, i viaggiatori che hanno pagato fior di quattrini il biglietto dell’Alta Velocità. Spesso un’utopia, le Frecce che diventano treni-lumaca. "Ci scusiamo per il disagio". Ma si può? Trenitalia lo fa sistematicamente. Prigioniera dell’ingordigia, ha messo sui binari un’infinità di Frecce, soprattutto le rosse, in numero superiori alle bianche. Laddove la rete ferroviaria italiana, qua e là obsoleta, appare non in grado di sopportare il traffico veloce. Sempre più intenso.
Proverbio tradotto dal napoletano, "Trenitalia si è premurata di acquistare il frustino senza possedere il cavallo". Ai noi viaggiatori non ci resta che "ci scusiamo per il disagio". Accade però molto altro. Episodio e notizia impongono l’uso di un unico aggettivo: clamorose. Produttrice infinita di sconcertanti momenti, Trenitalia ha consegnato ai suoi clienti-viaggiatori un momento che va al di là di ogni umana immaginazione. L’alcoltest sulla banchina della stazione di Brescia. Un macchinista del Frecciarossa soffia davanti agli occhi increduli di capotreno e agenti della Polizia Ferroviaria e della Stradale. Il marchingegno viene infatti solitamente usato sulle statali e all’uscita delle discoteche. Lo scopo è quello di evitare che qualcuno vada a sfasciarsi in auto. L’alcoltest comunica perentorio il dato: 1,95 microgrammi per litro, quasi quattro volte il limite per il ritiro della patente di guida. Ubriaco chi? Proprio lui, uno dei macchinisti del Frecciarossa in servizio da Brescia a Napoli. Settanta passeggeri intontiti e contrariati dalla levataccia e furibondi per l’attesa del primo regionale per Milano, dove poi saranno fatti salire su un altro Frecciarossa, quello delle 7, in ritardo e con i posti da riassegnare. Ma dov’è l’altro macchinista? Assente, non pervenuto. Lui nemmeno ce l’aveva fatta ad alzarsi dal letto.
Ubriaco fradicio, in condizioni pietose, non idoneo al lavoro. Finirà in codice verde su un’ambulanza, poi in ospedale. Dove gli cureranno la sbronza. Sembra una barzelletta; è un fatto purtroppo realmente accaduto. Con conseguenze, per fortuna, trascurabili. La vicenda però è l’ennesima spia rossa sul fronte della sicurezza dei trasporti. Quello dei treni ad alta velocità. Fanno parte appunto di un altro campionato rispetto ai regionali e ai diretti dei pendolari costretti a viaggiare in una permanente condizione di sofferenza. I due macchinisti, di trentacinque e ventuno anni, era arrivati la sera prima da Roma. Una camera d’albergo sul piazzale davanti alla stazione, la cena e il vino e l’alcol evidentemente consumati in quantità industriali. Il trentacinquenne è riuscito ad alzarsi dal letto e a trascinarsi verso la testa del Frecciarossa 964 sul binario 11. Il treno dell’alta velocità è annunciato in partenza alle 5:17. Ma le porte non si aprono, impossibile gestire la semplice operazione con tutto quell’alcol in corpo. L’empasse insospettisce il capotreno. La risalita fino alla locomotiva, in testa treno, per capirci qualcosa. Trova un solo macchinista, ne intuisce le difficoltà e dà l’allarme.
"Non idoneità dell’equipaggio", comunicherà a breve Trenitalia. Poi le sottolineature in successione. "Lo stringente e articolato sistema di controllo" e l’eccezionalità di un episodio "mai registrato in precedenza". Il pm di turno avvertito immediatamente. Possibile denuncia per i due macchinisti: interruzione di pubblico servizio e sospensione dal lavoro. Debora Bergamini di Forza Italia ha annunciato un’interrogazione al ministro dei Trasporti, Toninelli. Trenitalia si è scusata "con i signori viaggiatori per l’inconveniente". In questa grottesca, ridicola circostanza non ha potuto usare una delle sue misteriose abituali formule giustificative. Tipo "quindici minuti per ritardata preparazione del treno".
Franco Esposito