Lo diciamo con rispetto per il garbo e la competenza con cui Lei si esprime, lo diciamo comprendendo la difficile situazione politica in cui si trova, lo diciamo perché comunque in quest’ultimo anno Lei ha interpretato con assoluta dignità il ruolo di premier. Però così non va, perché nella conferenza stampa Lei ha sostanzialmente dato uno scapaccione (di media intensità) ai due vice-premier, evitando però di affrontare tutti i problemi aperti. Lei ha giustamente lamentato un eccesso di litigiosità nella maggioranza, ma non ha indicato un percorso alternativo. Lei ha detto che non intende restare a tutti i costi, ma ha anche fatto capire che vuole continuare. Lei ha citato tutti i temi di dissenso fra Lega e M5S, ma ha evitato di esprimersi su ciascuno di quei capitoli.
Facciamo l’esempio più eclatante, cioè il ragionamento su Tav: Lei ha detto (con chiarezza, va riconosciuto) che l’analisi costi-benefici che boccia l’opera è fondata ed ha anche aggiunto che a suo avviso l’opera non s’ha da fare. Ma subito dopo ha precisato che tutto dipende da colloqui con l’Unione Europea e, soprattutto, con la Francia (in virtù degli accordi siglati). Quindi Lei ci ha detto che Tav non si dovrebbe fare, ma che probabilmente si farà se così vorranno i francesi. Insomma un piccolo capolavoro verbale che butta la palla nell’altra metà campo, usando l’artificio retorico che ha animato un po’ l’intero incontro con la stampa.
Sia chiaro, nessuno ha titolo per chiederLe di andare su Marte in pedalò. Il sentiero è stretto e le condizioni politiche sono radicalmente mutate dopo il 26 maggio. Oggi però Lei ha scelto di fare il minimo sindacale, scegliendo la via del buffetto ai litiganti, nelle precisa convinzione di non poter fare di più. È un esercizio di realismo più che di coraggio, sostanzialmente un “penultimatum”. Ne prendiamo atto, dissentendo rispettosamente.
P.S. I buffetti sono stati all’80% per Salvini e al 20% per Di Maio. E non si tratta di un caso.
Roberto Arditti