Entrando nelle sedi dei diversi patronati che operano in Uruguay si capisce subito una cosa: è qui che i cittadini italiani accorrono quotidianamente alla ricerca disperata di un aiuto prima di addentrarsi nella difficile impresa di avvicinarsi all’ufficio consolare. Qui non ci sono cancelli e guardie giurate. A regnare è il verbo dell’accoglienza per ogni persona che ha bisogno di un aiuto e di un’informazione e può entrare liberamente. Seppur accusati di essere centri di potere e serbatoi di voti per ogni elezioni, ai patronati viene universalmente riconosciuto il loro ruolo di supporto e assistenza ai connazionali. Alla luce di queste premesse, si fa fatica a capire la scelta dell’affitto temporaneo per una sede del Consolato di Montevideo che verrà annunciata a breve dall’Ambasciata in attesa del progetto di costruzione.
L’affitto è il secondo capitolo di una vicenda oscura -quella del Consolato di Montevideo- su cui regnano forti sospetti e su cui cercherà di fare chiarezza anche un’interrogazione parlamentare recentemente presentata al Senato dopo le denunce di Gente d’Italia. Il locale temporaneamente individuato è situato su Avenida Brasil ed è distante pochi metri dall’attuale sede della cancelleria consolare. Ha un costo di 1900 dollari mensile a cui bisogna però aggiungere un sacco di altre spese che faranno lievitare notevolmente i costi. Dopo anni di tagli pesantissimi e indiscriminati, a cosa si deve il cambio di rotta improvviso della Farnesina? E soprattutto, chi ci guadagnerà da questo fiume di denaro pubblico in arrivo da Roma? Secondo i calcoli previsti circa il 40% degli utenti verranno indirizzati in questo nuovo locale che servirà però soltanto a dare informazioni al pubblico e ricevere documenti. I servizi più importanti, ossia i passaporti e la cittadinanza, rimarranno dove sono.
Vale veramente la pena affittare una sede se verrà costruita a breve una nuova palazzina all’interno del giardino dove sorge la bellissima residenza dell’ambasciatore? Perché non aspettare e concentrarsi su quella che dovrebbe essere la soluzione definitiva al problema dei servizi consolari come si chiede da tempo? Se l’esigenza è quella di dare informazioni al pubblico non è più logico destinare risorse a servizi telefonici e altri strumenti di comunicazione? Tra i diversi patronati presenti in Uruguay c’è la più assoluta unanimità: "A cosa serve affittare una sede quando ci siamo già noi che facciamo questo lavoro gratuitamente?" "È uno scandalo" tuona Filomena Narducci, responsabile del patronato Inas oltre che consigliere del Comites di Montevideo secondo la quale si tratta di una scelta "inutile di cui non si capisce il motivo dato che i servizi più importanti come la cittadinanza e il passaporto ne restano esclusi". La Narducci chiede a gran voce trasparenza per conoscere le spese che verranno sostenute e "in base a quali criteri sono state prese queste decisioni".
Una voce isolata è quella di Renato Palermo, coordinatore del patronato Inca e rappresentante della collettività tanto nel Cgie (Consiglio Generale degli Italiani all’Estero) come nel Comites. Palermo, che ha seguito la vicenda da vicino negli ultimi mesi come consigliere del Cgie, ammette che si tratta di una "concessione politica del Governo" che "implicherà un alto costo per lo Stato italiano" ma che "almeno implicherà un alleggerimento dei servizi consolari. Non sarà la soluzione definitiva al problema ma darà una risposta urgente al problema" afferma riconoscendo allo stesso tempo il lavoro svolto dai patronati. "Affittare una sede temporanea è come buttare soldi nella spazzatura". Di tutt’altro avviso è Rolando Rossi dalla sede di Las Piedras del patronato Inca, anche lui consigliere del Comites. "Questa scelta davvero non si capisce se già esistono dei patronati radicati sul territorio con le loro infrastrutture. Che senso ha? Sembra che ci sia una forte lotta contro di noi, come se avessero paura di perdere del lavoro. Quanto utili possono essere i patronati nelle pratiche di cittadinanza e passaporto? Anziché collaborare per il bene della collettività e risolvere il problema si preferisce ignorarci. Questa situazione è davvero incredibile. Io non ho elementi per pensare che dietro ci siano degli interessi ma i sospetti sono forti".
Lontano da Montevideo si respira lo stesso scetticismo. "Una scelta strana che non migliorerà di certo il problema dei servizi consolari. È uno spreco di soldi" dice Alessandro Maggi del patronato Inas di Colonia e presidente del Comites. "Per chiedere informazioni la gente si reca ai patronati con cui ha un rapporto diretto e continuerà a farlo anche in futuro. Se l’obiettivo è quello di dare risposte rapide ai cittadini bastava mettere un call center e assumere due persone per rispondere al telefono e risparmiare anziché affittare una sede in una zona cara con tutte le spese che avrà". "È una vergogna". Rincara la dose José Tucci, responsabile dell’America Latina del patronato Ital Uil presente anche a Montevideo. Secondo Tucci si tratta di "una delle tante contraddizioni delle istituzioni italiane in Uruguay perché implica una spesa altissima per una scelta che non poterà alcun beneficio alla cittadinanza. L’enorme quantità di denaro che verrà destinato a questa operazione inutile si sarebbe potuto utilizzare insieme a tutti i patronati presenti in Uruguay per supportare il lavoro della cancelleria consolare".
Matteo Forciniti