La legge dei numeri favorisce sempre i più forti ed emargina le minoranze e gli indifesi, che anche in un regime democratico finiscono per essere sempre sopraffatti, salvo accondiscendere al volere delle maggioranze. Si può scegliere di vivere in un siffatto mondo e proiettarsi dentro i nostri valori e le nostre convinzioni in modo da conferirgli un senso. Oppure, subire supinamente le angherie e lasciarsi andare. L’impegno assunto da molti di noi per dar voce agli italiani nel mondo non può lasciarci indifferenti davanti alle ingiustizie, che li escludono dai luoghi decisionali, resettando le lancette del tempo e pregiudicandone l’integrazione nel mondo di riferimento.
È questo il caso della determinazione ad excludendum della rappresentanza parlamentare degli italiani all’estero, dei loro organismi intermedi, semplicemente del loro dubbio e irrisolto riconoscimento nelle istituzioni italiane. È dal 7 febbraio di quest’anno che in Senato, seguito dall’approvazione dell’identico testo in prima lettura presso la Camera dei deputati il 9 maggio u.s., che si sta consumando lo scempio costituzionale sulle modifiche agli articoli 56, 57 e 59 per la riduzione del numero dei deputati e dei senatori e, tra loro in maniera drastica, degli eletti all’estero. Per giungere, infine, all’approvazione odierna in seconda deliberazione del disegno di legge in materia di riduzione del numero dei parlamentari, che prevede la riduzione del 36,5 per cento dei parlamentari compreso l’esiguo numero dei parlamentari eletti nella circoscrizione estero, che diventeranno 8 deputati, invece di 12, e 4 senatori, invece di 6.
Potranno essere infinite le ragioni politiche tese a giustificare la riduzione delle rappresentanze dei cittadini nelle istituzioni, non da ultimo anche se ingiustificabile può essere l’aspetto finanziario in cui versa un paese, ma l’incontrovertibilità dei numeri non può essere posta alla mercé di chi li usa come clava per imporre la legge del più forte, venendo meno al senso di eguaglianza. Ci tengo a ricordarlo fino a diventare afono e ripetitivo: gli italiani all’estero costituiscono il 10 per cento della popolazione nazionale. Sei milioni sono censiti nelle anagrafi consolari. Fatte le dovute proporzioni, nel prossimo parlamento saranno drasticamente e colpevolmente sottorappresentati.
Bisognerà porre rimedio a questa discriminante e sanare con uno specifico provvedimento il maltolto. Un governo attento e responsabile può farlo e dovrebbe incominciare a pensarlo già prima dell’approvazione definitiva di questa modifica costituzionale, proprio per saldare quel legame che tiene vive le tante Italie nel mondo senza le quali il nostro paese rischia di diventare più povero. Il ruolo e la rappresentanza degli italiani all’estero vanno rivisti in maniera distinta e riformata dalle fondamenta, pensando ad un’architettura complessiva, costruita sui diritti e sui doveri di chi vive oltre i confini e continua ad avere interessi con la madre patria.
MICHELE SCHIAVONE
Segretario generale Cgie