Gli analisti dicono che il "centro" è come una vasta prateria in attesa di essere conquistata, con una decina di milioni di elettori sparpagliati qua e là. I competitor politici, anche per questo motivo, si sono moltiplicati: ai tradizionali partiti, come l’Udc di Cesa o le due Democrazie cristiane, quelle di Grassi e di Rotondi, si sono sommati i neonati gruppi di Italia Viva di Renzi e di Siamo Europei di Calenda. Inoltre, c’è un pulviscolo di micro forze parlamentari ed extraparlamentari che aspirano ad occupare quello stesso spazio, che vanno da IDeA di Quagliariello a una porzione di +Europa della Bonino e di Della Vedova, da Centro motore di Taradash fino a Politica insieme, riconducibile ad alcuni movimenti cattolici e a qualche vescovo. A questi si deve poi aggiungere, last but not least, Forza Italia, che potrebbe divenire il vero motore di una rinnovata coalizione, sempre che non intenda frantumarsi, implodere o farsi fagocitare da altri partiti. Attori e attrici, dunque, ve ne sono in abbondanza. Ognuno di loro cerca di mettere in bella mostra l’originalità della propria proposta e accreditarsi come il migliore rappresentante dei moderati, il più fedele sostenitore dei valori liberali ed europeisti, oppure come l’alfiere dei sacri valori solidaristici e cristiani. Insomma, ognuno tenta di accentuare posizioni "moderatamente di destra" o "moderatamente di sinistra", ma tutte, in realtà, rivolte a conquistare lo stesso elettorato, quello di centro, appunto. Per la verità, se si esamina la questione con attenzione e senza la suggestione degli slogan, si vede che le differenze programmatiche tra queste forze si riducono a quisquilie, poco caratterizzanti e di scarso richiamo elettorale, oppure si riferiscono a temi etici, che da soli, però, non sono in grado di raccogliere consensi significativi. L’esperienza del Popolo della famiglia di Adinolfi lo dimostra in termini indiscutibili. Davanti a questa polverizzazione, la costruzione di un centro unitario è molto problematica. Eppure, sarebbe una svolta importante per la politica italiana, tornata a polarizzarsi in schieramenti irriducibilmente contrapposti, con Partito Democratico e Movimento 5 Stelle, da una parte, e Lega e Fratelli d’Italia, dall’altra. Certo, nel Movimento, ancor più che nel Pd, non v’è consenso unanime sull’alleanza ed è perciò probabile che prima o poi una porzione del suo elettorato confluisca nella galassia degli antisistema o nella Lega. Pur senza stabilità granitica, la nascita di due grandi blocchi è però un dato di fatto. Cosa dire, allora, ai milioni di elettori che non vi si riconoscono, che cercano casa altrove e la cercano, proprio, al centro? Per dare loro una risposta seria, gli attori sul palcoscenico dovrebbero anzitutto avere l’onestà di riconoscere che le loro offerte non appagano le aspettative degli elettori stessi. Infatti, ciò che questi vanno cercando non è un ripostiglio o un garage, ossia un moncherino di partito con programmi incolori e sovrapponibili ad altri, ma una casa vera e propria, costruita sulla roccia, su valori identitari forti, decisivi e divisivi. Il "liberalismo solidale", più di altri, potrebbe legare molte delle attuali aggregazioni per trasformarle in un unico partito, magari animato da correnti interne. Un partito radicato su regole davvero democratiche, fondato sull’ascolto reciproco, sul dialogo, sulla sana e autorevole mediazione e sulla sana e autorevole decisione, con una classe dirigente preparata e disposta a condividere il "comando". Un partito europeista e atlantico, intenzionato a varare riforme strutturali, perfino radicali del sistema della finanza pubblica, della spesa e dei tributi, della sanità, della scuola e dell’università, della giustizia, agguerrito sul piano della competitività e su quello della produttività d’impresa. Un progetto di questo genere avrebbe però bisogno dell’accettazione di una precondizione da parte di ogni attore: imparare a memoria il versetto "Vanitas vanitatum et omnia vanitas" ("vanità delle vanità, tutto è vanità"), uno dei più grandi insegnamenti del Qohelet. Se così non sarà, la strada rimarrà in salita, anzi in discesa, verso l’eterno fluttuare delle onde.
ALESSANDRO GIOVANNINI