Ladri ingegnosi, rubavano le pensioni d’oro. Chi, come, dove, quando? Una banda di ladri intercettata dai carabinieri. Facile per loro trovare le vittime. Facile come? "Basta che si guardi in internet e i pensionati più ricchi d’Italia escono fuori", spiega uno dei componenti della banda. Messe nero su bianco, le ricche vittime stavano lì, online. A Vito Gamberale, l’ex top manager di Telecom poi di Autostrade, è stato rubato un mese di pensione, 24mila euro. Vittime dei raggiri il settantunenne ex numero uno di Poste Italiane, dal 2202 al 2014; Pietro Gucci presidente Anas fino al 2105; Raffaele Bonanni, ex segretario Cisl. Davvero un bel gruppo di persone interamente turlupinato. "Truffato quattro volte, troppo facile rubare l’identità". È stato proprio Gamberale a dare il via alle indagini. Si è accorto, a febbraio 2018, che non gli erano stati accreditati i suoi 24mila euro di pensione mensile. Ha chiamato l’Inps e gli hanno risposto che, pochi giorni prima era arrivata la richiesta di cambio delle coordinate bancarie. Richiesta da lui però mai avanzata e nemmeno presentata.
Un mistero o che cosa? Un imbroglio grosso come una casa, orchestrato con delicatezza dai truffatori. Lunedì quattro persone sono state arrestate. Innanzitutto il personaggio chiave, un dipendente dell’ottavo municipio di Roma. Procurava le notizie anagrafiche dei grandi a cui sfilare la pensione. L’accusa, per la banda, è di truffa, accesso abusivo a sistema informatico e sostituzione di persona. La banda era molto attiva, ne è conseguita una lunga lista di raggiri. Ambizioso il progetto di questi moderni genietti del male: tra le vittime figura anche l’ex manager delle schede ricaricabili, Mauro Sentinelli, noto come il pensionato d’oro in Italia. Perché d’oro? Il valore della pensione che percepisce è 90mila euro mensili. Troppo ghiotta la cifra per non attivare l’appetito dei truffatori. Un’enorme quantità di soldi. Soldi che, in alcuni casi, la banda cercava sui correnti di ogni singolo suo componente, con la complicità di un dipendente Inps, poi deceduto, che si premurava girare i soldi sui loro conti correnti. O meglio, su conti correnti intestati alle vittime dei raggiri e aperti con i loro documenti falsificati.
In realtà, in uso ad esclusivo dei truffatori. Del tipo seriale, ovvio. Vito Gamberale, il top manager, ha avuto i dati rubati quattro volte. La prima nel 2011. "Truffatori siciliani chiesero al direttore delle Poste di piazza Bologna, a Roma, di dirottare tutta la mia corrispondenza a un indirizzo di San Vito lo Capo. Chi lo fece utilizzò una carta d’identità falsa con i miei dati e approfittò di un servizio delle Poste che si chiama "follow me", seguimi, che consente appunto al destinatario di trasferire l’invio a un altro domicilio. A me nessuno disse nulla. La posta non arrivava più". Gamberale scoprì di essere vittima del colpo perché non riceveva più posta. Protestò e seppe quello che era avvenuto. "La banda dei truffatori non aveva colpito solo me. C’erano almeno quaranta persone coinvolte, compresi noti manager". Agli atti dell’inchiesta, nome emblematico "Robin Hood", ci sono anche le denunce di alcuni bancari insospettiti.
Capitanata da Luigi Pisano, truffatore seriale, la banda certe volte si accontentava. Usava le credenziali Inps e i documenti contraffatti per accendere finanziamenti di ogni tipo. O chiedere prestiti con la cessione di un quinto dello stipendio. Per l’acquisto di elettrodomestici, impellenti bisogni di denaro "per cure mediche o dentistiche". È questo il caso dell’ex sindacalista Raffaele Bonanni. A giugno dell’anno scorso aveva ricevuto una lettera di Findomestic che gli comunicava l’accettazione di un prestito da 55mila euro. Lui, ovviamente, non aveva presentato alcuna domanda. I truffatori, ingordi, però non erano poi troppo convinti. "Bonanni piglia pochissimo di pensione mensile, non vale manco la pena. Quattromila euro prende…". Incastrati dall’indagine dei carabinieri di Roma coordinati dal pm Antonio Clemente, i quattro lestofanti, genietti del male, sceglievano le vittime e aspettavano il momento più opportuno per agire.
"Ascoltami – dice Luigi Pisano a un suo collaboratore – controllate gli accrediti e fine mese di Sarmi e Vito Alfonso Gamberale. E noi partiamo immediatamente…". Gamberale nel mirino da anni. Prima del gran finale. "La richiesta alle Poste di versare la mia pensione su un conto di Amburgo, presso la filiale tedesca di una importante banca americana. Nessuno mi aveva avvertito. Se non avessi controllato il mio conto non me ne sarei accorto". Diventa perciò lecita una domanda: ma i controlli che ci stanno a fare? L’ingordigia dei truffatori non è che nasce e si sviluppa perché Gamberale e gli altri godono di pensioni esagerate, appunto d’oro? "Redditi perfettamente leciti, dopo aver pagato tutti i contributi. E magari tutti quelli aggiuntivi e le tasse dovute". Colpiti e truffati, i raggirati ritengono che esista "una distorsione terminologica e fattuale di quello che avviene, che è in parte responsabile. Le campagne d’odio incidono". Conclusione. Un’amara constatazione, alla luce del recente infernale vissuto. "La privacy dovrebbe valere per tutti".
Franco Esposito