Ampiamente annunciato, il rinvio delle elezioni dei 101 Comitati degli Italiani all’Estero è stato recentemente stabilito dal decreto "Milleproroghe". Come hanno fatto notare in molti, si tratta di un duro colpo verso le comunità degli italiani all’estero che subiscono ancora una volta ritardi e promesse non mantenute da parte dello Stato italiano: basta pensare alle parole, ripetute più volte, dell’accoppiata Merlo-Vignali, gli stessi che dalla Farnesina promettono da tempo magiche soluzioni per il consolato di Montevideo. Inizialmente previste per l’aprile del 2020, le prossime elezioni del Comites dovrebbero svolgersi nel 2021, in una data ancora da definire tra il 15 aprile e il 31 dicembre. Sempre e quando, ovviamente, ci sarà la disponibilità economica, motivo questo che ne ha determinato il rinvio secondo la versione ufficiale. In Uruguay si respira tanta delusione così come altrove. Forte è ancora il ricordo dell’ultimo pasticcio del 2009 che provocò uno stallo istituzionale senza precedenti e si finì per votare nel 2015, un decennio dopo l’ultima volta. Quel rinvio venne deciso da un governo di centro destra. Questa volta da uno di centro sinistra. Proprio a testimoniare che le politiche verso gli italiani all’estero vanno in un’unica direzione.
Filomena Narducci, membro del Comites di Montevideo, fa tesoro di quell’esperienza, di quel primo rinvio che la mantenne ben oltre il tempo previsto all’interno dell’organismo di rappresentanza: "Quella vicenda insegnò a tutti noi che se si viene a creare una situazione istituzionalmente poco chiara le energie -tanto dei consiglieri come degli elettori- diminuisco nonostante la buona volontà". Ecco perché oggi appare particolarmente preoccupata e arrabbiata: "È un disastro. È incredibile vedere come non viene rispettata l’istituzionalità di un organismo democraticamente eletto dai cittadini che è un po’ come il nostro Parlamento. Spero solo che questo rinvio possa almeno servire per rinnovare il sistema di voto". Il riferimento è alla cosiddetta opzione inversa, metodo con il quale si votò l’ultima volta nel 2015: a votare furono soltanto gli elettori che ne facevano richiesta. "Con questo sistema si vuole distruggere la rappresentanza degli italiani all’estero come ci dimostra l’affluenza del 2015 con un crollo della partecipazione. Io parto da un presupposto: i diritti vanno esercitati e non richiesti".
Anche il presidente del Comites Alessandro Maggi mostra preoccupazione. "Purtroppo ormai l’Italia ci ha abituato a una sistematica delegittimazione degli organi di rappresentanza degli italiani all’estero" afferma. "Lo si capisce in tante cose: rinvii delle elezioni, tagli ai finanziamenti, riduzione dei parlamentari eletti all’estero. Non possiamo però tollerare che si ripeta quanto successo l’ultima volta con le elezioni per il rinnovo del Comites con sei anni di ritardo. Spero che il voto arrivi il prossimo anno come è stato promesso perché le elezioni sono assolutamente necessarie". La speranza, anche per lui, è quella di "imparare dagli errori del passato" in caso che elezioni vengano effettivamente posticipate al 2021. Due i problemi segnalati riguardo l’ultima volta: da una parte il "metodo di registrarsi per poter votare", dall’altra la "scarsa campagna informativa da parte delle autorità diplomatiche". Il risultato in Uruguay fu una bassissima affluenza, una situazione che "bisogna evitare di ripetere".
Appare più sereno Renato Palermo, consigliere del Comites oltre che rappresentate dell’Uruguay nel Cgie (Consiglio Generale degli Italiani all’Estero), che elenca una serie di fattori che hanno influito su una scelta del governo che si intuiva già da tempo: "Innanzitutto il probabile voto per il referendum sul taglio dei parlamentari che si dovrebbe svolgere tra marzo e aprile e sappiamo che i consolati attualmente non sono in grado di gestire due elezioni contemporaneamente. Poi bisogna considerare che, a causa del cambio di esecutivo, il Parlamento non ha ancora affrontato la discussione per la riforma della rappresentanza estera come avevano chiesto i Comites e il Cgie. È stata comunque una scelta politica e non economica. A livello istituzionale -riconosce Palermo- è logico che bisogna votare per il rinnovo dei Comites nei tempi previsti dalla legge. Tuttavia la realtà è un po’ più complessa e c’è bisogno di considerare vari fattori dato che la politica verso gli italiani all’estero viene portata avanti più come emergenza che in modo ordinario". A sostegno di questa tesi cita anche il caso stesso del sistema di voto dei Comites che "è stato cambiato diverse volte in passato e non ha ancora trovato la sua stabilità". In ogni caso anche lui crede che questo sia un "punto fondamentale" e, indipendentemente dal metodo che verrà scelto, "sarà opportuna una buona campagna informativa per assicurare la massima partecipazione".
Matteo Forciniti