"Qui arriva poco o niente da Roma", protesta con il furore dialettico che gli è proprio il governatore della Regione Campania. Vincenzo De Luca è diretto, "niente mascherine, niente ventilatori polmonari, niente attrezzature di protezione, quasi niente di tutto per la Campania", non è un lamento, ma una denuncia netta, secca, pesante. "Il silenzio del Governo rischia di mandare all’aria un lavoro enorme, semplicemente grandioso. Siamo davanti a un’assenza che potrebbe comportare gravissime conseguenze". L’indignazione è pari alla disperazione, in presenza di prospettive che il governatore della Campania definisce "apocalittiche, sì apocalittiche: nei prossimi giorni qui ci sarà l’esplosione dell’epidemia, il momento più alto, il picco dei picchi, saremo invasi da contagi e ricoveri".
Forte e alto il grido d’allarme che arriva dalla Campania, dal Sud finora non toccato ancora dalla piena da Coronavirus. "Rischiamo di diventare una seconda Lombardia, se non peggio", e qui chiude Vincenzo De Luca. Sì, è vero, il numero dei contagi diminuisce anche in Lombardia, ma alcuni problemi, urgenti non solo gravi, restano di difficile soluzione. O praticamente irrisolvibili, e talvolta per obiettive evidenti enormi difficoltà, non per mancanza di buona volontà o di tempestività. Permane grave la questione delle mascherine, che non si trovano, o comunque quelle che ci sono non raggiungono la quota che viene ritenuta necessaria al fabbisogno del personale medico e infermieristico. Angeli, santi, eroi, in questa tremenda circostanza.
I cittadini, ormai, hanno smesso di sperare: in giro non esistono mascherine. Bravo chi riesce a trovarne solo un paio da qualche parte. Ma di quante mascherine avrebbe assoluto bisogno il Paese? Novanta milioni al mese. La stima è del commissario straordinario all’emergenza, Domenico Arcuri. L’obiettivo è stato indicato martedì. Come fare? A chi chiederle? Dove trovarle anche a costo di andare a sbattere la testa da qualche parte? La risposta che apre il cuore alla speranza arriva da un consorzio della moda, Invitalia. L’amministratore delegato di Invitalia assicura che entro tre giorni il consorzio avvierà la produzione di mascherine. Ne fabbricherà a regime cinquanta milioni; per l’autosufficienza auspicata dal commissario straordinario all’emergenza ne mancano 40 milioni.
L’unica soluzione praticabile è rappresentata dall’inventiva e dalla buona volontà di imprenditori che stanno riconvertendo le proprie aziende. In Toscana è già accaduto. Il governo spera che altri imprenditori raccolgano l’appello disperato, potendo poi contare su un incentivo appropriato. Alcune aziende, in verità, hanno anticipato l’invito-speranza del Governo. In Piemonte il gruppo tessile di Alba – curatore di design, produzione e distribuzione di undici brand venduti in ventidue Paesi – si è mosso già dall’11 marzo. Nello stabilimento di Govone ha iniziato a produrre mascherine, su richiesta dell’assessorato alla Sanità della Regione Piemonte. L’Unità di crisi della Protezione Civile le ha valutate idonee. Il vice presidente del gruppo, Giuseppe Miroglio, ha finanziato la produzione di un primo stock di 600mila mascherine. Le stanno fabbricando anche gli stabilimenti Miroglio operativi in alcune regioni italiane, nel Lazio, in Abruzzo, in Campania.
Uno sforzo non indifferente per l’azienda tessile in un momento difficile. 900 negozi chiusi, 2.900 dipendenti a casa. Il prodotto finito è in cotone organico elastante, idrorepellente e antigoccia. Mette al riparo dalle goccioline che trasportano il virus, ed è lavabile, non in candeggina però. È sufficiente stirare la mascherina per renderla di nuovo impermeabile. In assoluta sicurezza, fino a dieci volte. Stampa libri l’azienda padovana Grafica Veneta, sollecita nel manifestare la propria adesione al decreto cosiddetto Cura Italia. Come e in che modo? Ha riconvertito parte dei macchinari alla possibilità di stampare il tnt, tessuto non tessuto, delle mascherine. Altri esempi di riconversione dall’Abruzzo la Fater. La joint venture fra Protector&Gamble e il Gruppo Angelini, che produce assorbenti. Palese la dimestichezza con i tessuti idrorepellenti delle mascherine.
Fameccanica mette a diposizione i suoi macchinari a tecnologia avanzata. Nata dalla fusione di Omnidermal Biomedics e Pdl di automazione farmaceutica, una start-up ha inventato un respiratore facile, veloce, economico di possibile realizzazione. Si tratta di una pinza automatica che sostituisce l’operatore nella ventilazione del paziente. L’intelligenza artificiale monitora pressione, battito e valori. Il risultato finale è la fornitura del feedback. L’ingegno italiano in campo per rendere meno complicata l’assistenza ai pazienti aggrediti dal virus in forma grave.
Franco Esposito