Cara "Gente d’Italia",

molto prima di Pasqua avevo cominciato a scrivere per te qualcosa che era rimasto non finito e che ora, per il tuo compleanno, ho recuperato come lettera/confessione a una gagliarda nipote:

"Non scrivo perché, prima di tutto, sono molto molto confuso…non scrivo perché finora, dalle fonti più diverse, sia molto qualificate sia assai inqualificabili, ho sentito tutto e il contrario di tutto… non scrivo perché il bombardamento quotidiano di cifre, ripetuto ogni ora su qualsiasi mezzo d’informazione o social, mi suona spesso contraddittorio, inutile, terroristico, privo di senso…

non scrivo perché in questo marasma non riesco più a fare associazioni di idee convincenti né a trovare parole che mi suonino giuste…non scrivo in troppi parlano e scrivono a vanvera, per narcisistico esibizionismo, perché sono pagati per farlo, per stordirsi e stordire, per colmare il vuoto che questo invisibile verme incoronato sta scavando dentro la mela del pianeta tutto…

non scrivo perché mi sembra improbabile che qualsiasi mia considerazione possa essere d’aiuto a chi mi legge… non scrivo perché da giorni subisco un tormento biblico non riuscendo a dimenticare quelle "vanità delle vanità", quel "tutto è vanità" con cui amaramente l’Ecclesiaste ci dice: "Ho visto tutte le opere che si fanno sotto il sole, ed ecco: tutto è vanità e un correre dietro al vento"…non riesco a scrivere perché non ho mai condiviso il pessimismo dell’Ecclesiaste eppure oggi mi scava dentro proprio come quel malefico microscopico verme che può contagiare chiunque, ovunque, in qualsiasi momento…Non scrivo perché al contrario vorrei restare in ascolto di quella parte di me che riesce ancora a sperare in un futuro vivibile, una dimensione umana migliore, un pianeta unito contro i virus di ogni tipo…".

Mi ero fermato qui…. Ma ora voglio riprendere, quasi a contrasto, con le parole di Papa Francesco per il giorno di Pasqua: "In queste settimane, la vita di milioni di persone è cambiata all’improvviso. Per molti, rimanere a casa è stata un’occasione per riflettere, per fermare i frenetici ritmi della vita, per stare con i propri cari e godere della loro compagnia. Per tanti però è anche un tempo di preoccupazione per l’avvenire che si presenta incerto…": parole che hanno fatto riflettere anche me sui motivi per cui non scrivo da tempo per questo giornale che oggi compie 22 anni e di cui mi sento - concedimelo direttore, concedetemelo lettori - almeno uno zio, visto che la prima volta ne parlammo a New York mentre era ancora neonato.

Uno zio non sempre presente e premuroso ma certamente molto affezionato a partire da quando giravo le edicole di Toronto per vedere se il giornale era arrivato e se era stato venduto a finire al cimitero di Monongah dove riposano da oltre un secolo minatori italiani a cui questo giornale ha ridato un posto nella storia. Uno zio che nelle ultime settimane ha taciuto per i suoi problemi familiari e personali ma soprattutto perché non ha avuto la forza di aggiungere la sua voce al baccano di fakeandfucknews spesso impregnate di malefici egoismi esibizionisti della scena politico-mediatica.

Ma Domenica ho ascoltato Papa Francesco che ha anche detto: "Non è questo il tempo dell’indifferenza, perché tutto il mondo sta soffrendo e deve ritrovarsi unito nell’affrontare la pandemia… Non è questo il tempo degli egoismi, perché la sfida che stiamo affrontando ci accomuna tutti e non fa differenza di persone… Non è questo il tempo delle divisioni. Cristo nostra pace illumini quanti hanno responsabilità nei conflitti, perché abbiano il coraggio di aderire all’appello per un cessate il fuoco globale e immediato in tutti gli angoli del mondo… Non è questo il tempo della dimenticanza.

La crisi che stiamo affrontando non ci faccia dimenticare tante altre emergenze che portano con sé i patimenti di molte persone". Ed eccomi allora qui, come zio che, pur sempre confuso, oggi vuole essere presente almeno con queste poche parole, quasi una lettera al giornale per chiedere scusa per i troppi recenti silenzi e per far sapere a tutti - editore/direttore, redazione, collaboratori, lettori – che non ho mai smesso di leggere queste pagine e mai lo farò finché usciranno, scrivendo quando possibile e volendo sempre bene alla Gente d’Italia tutta. Mettendo da parte l’indifferenza, senza egoismo, senza divisioni e contro ogni dimenticanza. Come fa questo giornale, tanto forte e cresciuto nel tempo, miracolosamente vivo in questi terribili giorni.

di PIETRO MARIANO BENNI