Dalle cartoline di promozione turistica delle sue spiagge ai monumenti, gli eventi, le personalità e tanto altro. I pezzi di storia di Montevideo da oggi vengono messi liberamente a disposizione del pubblico grazie il consistente archivio del Centro de Fotografía che ha deciso di rimuovere i diritti d’autore dalle sue immagini offrendole in alta risoluzione. Sono oltre tremila le fotografie digitalizzate nel formato tiff e che testimoniano le grandi trasformazioni vissute dalla capitale dell’Uruguay in un lungo viaggio che parte dalla seconda metà dell’ottocento arrivando fino agli ultimi decenni del novecento. I protagonisti sono gli abitanti della città, i suoi quartieri, gli spazi pubblici e le feste ma anche il calcio, la politica e tutti i molteplici aspetti di una società documentata nel corso dei decenni attraverso gli occhi dei fotografi della Intendencia di Montevideo.
L’origine dell’archivio risale al 1916 con i lavori di due fotografi che erano stati assunti dal comune per la Comisión de Fiestas. "Con questa decisione vogliamo contribuire alla realizzazione di una realtà cittadina vicina al pubblico, uno spazio dove gli uruguaiani possano avere libero accesso alle immagini e da qui pensare al proprio futuro" ha spiegato il direttore del Centro de Fotografía Daniel Sosa. Scavando un po’ tra le fotografie possiamo trovare tante tracce di Italia sparse un po’ ovunque, un riflesso chiaramente dell’enorme influenza che hanno avuto gli italiani nello sviluppo di questa città. Ci sono persone, famiglie, luoghi e simboli fortemente legati al Bel paese. Così come succedeva per gli emigranti del secolo scorso questo viaggio comincia dal porto di Montevideo dove abbiamo la testimonianza di tre importanti eventi.
Il primo è del 30 novembre 1920 con l’arrivo della Corazzata Roma, di quello che sarà lo sfortunato gioiello della produzione navale bellica italiana della seconda guerra mondiale. La famosa nave della Regia Marina venne bombardata dai tedeschi il giorno successivo all’armistizio del 1943 e affondò a largo del golfo dell’Asinara, in Sardegna, portandosi via con sé un mistero durato 69 anni: venne ritrovato nel 2012 a 1000 metri di profondità e a circa 16 miglia dalla costa sarda. Il secondo evento che ritroviamo al porto di Montevideo è l’arrivo -nel 1922- della Corazzata Giulio Cesare, altro fiore all’occhiello della Regia Marina. Successivamente la nave partecipò alla seconda guerra mondiale e venne poi ceduta, provocando enorme indignazione, all’Unione Sovietica come stabiliva il trattato di pace.
Così come la Corazzata Roma, anche la Giulio Cesare (ribattezzata "Novorossijsk" dai sovietici) ebbe un analogo destino affondando nel 1955 in Crimea tra misteri e leggende: per la versione ufficiale la colpa fu di una mina tedesca della guerra mai rimossa, per altri fu invece la vendetta dei fascisti della Decima Mas in un’azione di sabotaggio tardiva. A concludere il gruppo delle immagini italiane al porto di Montevideo c’è l’atterraggio dell’aviatore Francesco de Pinedo nel 1927. Il generale napoletano era stato nominato dal regime di Mussolini "messaggero di italianità" nell’ambito della propaganda fascista che mostrava al mondo le capacità aviatorie italiane.
L’inaugurazione dei monumenti è un altro capitolo estremamente significativo per la storia italiana in Uruguay come emerge dalle immagini dell’archivio del Centro de Fotografía. Si parte dall’Ospedale Italiano dell’ingegnere piemontese Luigi Andreoni, un vero e proprio vanto per la numerosa comunità italiana in grande festa con le bandiere per quel primo giugno del 1890. Altra data da ricordare è quella del 20 settembre del 1927 per l’inaugurazione della Avenida Italia, uno dei viali più rappresentativi della città e snodo di collegamento per la costa dell’est del paese. La data scelta per quella occasione speciale non è casuale: il 20 settembre, anniversario della Breccia di Porta Pia, era la festa patria per gli italiani uniti nella figura di Garibaldi e prima ancora che esistessero il 2 giugno e il 25 aprile. Proprio all’eroe dei due mondi si deve un altra giornata indimenticabile vissuta dalla comunità italiana il 17 settembre del 1933.
Comandante dell’Armada Nacional (la marina militare) a cui si devono diverse battaglie condotte per l’indipendenza del paese, l’Uruguay scelse di omaggiare Giuseppe Garibaldi con un sontuoso monumento nei pressi del porto di Montevideo celebrato con una cerimonia solenne degna degna dei grandi appuntamenti. Nella raccolta delle fotografie c’è spazio anche per tanti altri monumenti molti dei quali legati in un modo o nell’altro all’Italia e ancora oggi assoluti protagonisti del patrimonio architettonico del Paisito. Emblematica è senz’altro la Estación Central de Ferrocarriles, il gioiello di Andreoni simbolo di un’epoca di splendore e di progresso con l’utilizzo del treno. Tra le eccellenze architettoniche italiane troviamo anche il fiorentino Giovanni Veltroni con una serie di opere considerevoli: il Parque Capurro, l’Hotel del Prado e la Casa Central del Banco República del Uruguay.
Immancabile in una rassegna come questa il Teatro Solís, luogo per eccellenza della cultura uruguaiana frutto delle prime idee dell’architetto emiliano Carlo Zucchi. Un altro dei pezzi forti del patrimonio uruguaiano è il suo Palacio Legislativo, sede del Parlamento frutto del lavoro di due architetti italiani: prima il torinese Vittorio Meano a cui si deve il disegno e poi il milanese Gaetano Moretti a cui si deve la costruzione. Tra le foto dell’archivio che riguardano il Palacio Legislativo ci sono diverse sculture che si trovano sulla sua facciata tra cui una replica di un’opera di Giannino Castiglioni. Altre due icone uruguaiane presenti nelle immagini storiche sono il Palacio Salvo dell’architetto milanese Mario Palanti e la statua in onore dell’eroe nazionale José Artigas realizzata dallo scultore bresciano Angelo Zanelli.
Per realizzare la statua del padre della patria Zanelli fuse tutto il bronzo in Italia e poi lo portò in Uruguay per completare l’opera. Tanti altri ancora sono poi gli italouruguaiani che hanno scritto pagine di storia memorabili. Su tutti basta citare la leggenda della Celeste, la nazionale campione del mondo nel primo torneo organizzato in casa nel 1930. Uno squadrone che poteva contare sulla magia di Héctor Scarone (ligure), la grinta di Ernesto Mascheroni, il carisma del capitano José Nasazzi e i bolidi del centravanti lucano Pedro Petrone.
Matteo Forciniti