2 giugno, festa della Repubblica, niente parata, la destra in piazza. Ma quale destra? Eccolo il 2 giugno, festa della Repubblica, ai tempi del coronavirus. Una cerimonia semplice all’altare della patria con Mattarella che depone una corona d’alloro. Niente parata militare ai Fori Imperiali. Ma la destra unita scende in piazza per esprimere la sua rabbia per quel che si poteva fare e non è stato fatto. Una bandiera bianco, rosso e verde, grande 500 metri e poi l’arrivo, a posteriori, dei gilet arancioni, gente che grida e protesta contro uno Stato deficitario che li ha abbandonati. "Gli aiuti mai arrivati sono una beffa", urlano in tanti. E qualcuno spiega: "Quasi due milioni di italiani non hanno ricevuto la cassa integrazione e sono alla fame". Giorgia Meloni interviene nella polemica: "Non li giustifico, ma la rabbia è tanta".
Si, d’accordo, ma quale destra è scesa in piazza? All’apparenza uniti con la Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia che parlano con una unica voce. Ma la realtà è diversa. Le anime la pensano in maniera differente. Ci sono quelle oltranziste dei simpatizzanti del Carroccio che combattono l’emigrazione, continuano a volere la chiusura dei porti e sottolineano: "Sempre prima gli italiani". Poi, c’è quella patriottica di Giorgia Meloni, riuscita in poco tempo ad aumentare di parecchi punti i suoi suffragi e a minacciare la leadership di Salvini. Infine, la cenerentola cara a Berlusconi (Forza Italia) che dimostra cautela, non dice sempre no a tutte le riforme e non volta le spalle all’Europa. Tanto che a Bruxelles vota con il Partito Popolare Europeo.
Su un punto, però, le opposizioni non si distanziano: quando criticano il Quirinale responsabile di non aver dato l’incarico ad un esponente della destra all’indomani della crisi voluta da Salvini. "Perché, se la nostra maggioranza era schiacciante?". Comunque, in piazza a Roma e in altre 70 città italiane, non erano pochi i sostenitori dell’opposizione. La verità è che questo governo non ha accontentato tutti, anzi. Malgrado l’avvocato del popolo (leggi Giuseppe Conte) abbia oggi una grande popolarità ed un buon seguito. È pur vero che le proteste da Nord a Sud si moltiplicano. Tanto è vero che il presidente del Consiglio (che ha imparato molto in questi due anni di Palazzo Chigi) si preoccupa e cerca di correre ai ripari cercando nuove alleanze che gli farebbero trascorrere giorni più tranquilli.
È un fatto che non si può negare: in questo giorno del sessantaquattresimo anniversario della Repubblica, l’Italia è ancora dimezzata. L’alleanza giallorossa tiene, ma traballa. Le polemiche dividono anche gli esponenti di uno stesso partito (com’è nel Pd e nei 5 Stelle). Si predica coesione soprattutto dal Quirinale. Il Capo dello Stato è stato perentorio nel suo discorso: "È inaccettabile che la politica si divida sul dolore disperdendo il sacrificio degli italiani". E ancora più avanti: "L’unità morale viene prima della politica". Parole chiare, inequivocabili. Ma gli abitanti dei Palazzi romani le ascolteranno? I dubbi sono tanti.
Bruno Tucci