Dunque, prima o poi si vota. Almeno per le elezioni locali. Cioè regionali e comunali. E, come capita da sempre, il capitolo delle alleanze da costruire resta un elemento decisivo per la stessa vittoria finale dei vari schieramenti in campo. Ora, è inutile farsi grandi illusioni sulla originalità delle alleanze che saranno definite nei prossimi mesi. Di norma il modello nazionale si replica, quasi meccanicamente, in tutto il paese perché, alla fine, prevale sempre - e comprensibilmente - l’orientamento del gruppo dirigente centrale dei vari partiti. Ma, per fermarsi al campo del centro sinistra, è del tutto ovvio che il vero nodo politico da sciogliere riguarda il rapporto tra il Pd e i 5 stelle. O meglio, l’eventuale accordo politico ed elettorale tra i due principali partner di governo.
Certo, tutti conosciamo le vere motivazioni che hanno giustificato il decollo del secondo governo Conte. E tutti sappiamo anche le difficoltà oggettive, e non personali, che caratterizzano questa strana e singolare alleanza. Ma, e qui è il vero punto politico, quando si tratta di arginare la destra nelle regioni o nei comuni al di sopra dei 15mila abitanti, è del tutto naturale che i partiti che fanno parte dell’alleanza di governo si pongano il problema di come comportarsi a livello periferico. O facendo una vera e propria alleanza oppure fingendo di andare per conto proprio - come in Emilia Romagna - ma appoggiando sostanzialmente la coalizione più forte e competitiva che è alternativa alla destra. Ma le prime tecniche di alleanza a Roma e a Torino - che sono le due realtà comunali e nazionali più importanti - non sono particolarmente incoraggianti.
E, del resto, è anche abbastanza comprensibile. Dopo quasi 5 anni che hanno visto i due partiti su posizioni alternative - 5 stelle al governo e Pd all’opposizione - accompagnati da scontri, insulti e rispettive delegittimazioni e attacchi politici e personali, è del tutto ovvio che le posizioni rimangono lontane. Soprattutto tra le seconde fila dove un mix di ambizioni personali e di coerenza politica porterebbe ad altri lidi che non ad accordi organici e ferrei tra i due contendenti. Ma la realtà è diversa, come ben sappiamo. E giustamente Dario Franceschini l’ha richiamata pubblicamente alcuni giorni fa con una intervista. Certo, anche in passato a livello locale c’erano esperimenti di governo diversi rispetto al quadro nazionale.
Chi non ricorda, per esempio, le cosiddette "giunte anomale" in molti comuni italiani alla fine degli anni ’80 e a inizio degli anni ’90 dove si siglavano accordi locali tra la Dc e il Pci e che escludevano, di fatto, alleanze di pentapartito, cioè con i partiti di area laica e socialista e la Dc. Anche allora non mancavano frizioni e dure polemiche, soprattutto all’interno della Dc. Ma in quel contesto politico e storico le "giunte anomale", è bene ricordarlo, erano anche il frutto di classi dirigenti politiche locali autorevoli, compatte, unite e coraggiose. Tutte categorie che semplicemente oggi non esistono più. Ecco perché, adesso, è molto più difficile dar vita a progetti che si differenziano radicalmente rispetto agli orientamenti politici nazionali. E allora, almeno su due versanti è necessario essere intransigenti e il più possibile coerenti. Al di là di come andrà a finire la convivenza tra il Pd e i 5 stelle, più o meno forzata che sia.
Innanzitutto è decisiva la scelta di candidati a sindaco autorevoli e competenti. Dopo l’esperienza, sostanzialmente fallimentare di Torino e Roma, per non parlare di molti altri comuni periferici, forse è giunto il momento per riqualificare sotto il profilo della autorevolezza, della preparazione politica e della competenza amministrativa la scelta dei vari candidati a sindaco. In secondo luogo vanno scritti programmi che poi siano realisticamente percorribili. Il tempo delle promesse a vuoto e della sola propaganda devono cedere il passo al realismo e alla concretezza. Soprattutto dopo la drammatica stagione che abbiamo vissuto e che speriamo sia ormai alle nostre spalle. Due condizioni essenziali e decisive per garantire il buon governo locale. A prescindere dalle stesse alleanze che ci saranno. Dopodiché, ci sarà il tema politico dell’alleanza tra il Pd e i 5 stelle. Ma con un gruppo dirigente, soprattutto il sindaco, autorevole e un programma serio e realistico, il resto è semplicemente secondario e del tutto marginale.
GIORGIO MERLO