Dopo le recenti performance dei Servizi segreti turchi, Mit (Organizzazione di Informazione Nazionale), che ufficialmente hanno risolto il caso Silvia Romano, infiltrandosi nell’organizzazione terroristico-jihadista Al-Shabaab, sono prepotentemente saliti alle cronache i ruoli che tali "Servizi" hanno nell’ambito della politica e nello Stato. Il Continente africano è un’area di addestramento e a volte anche un "luna park" ideale per le spie di mezzo mondo, in particolare per quelle francesi, statunitensi, israeliane, tedesche, britanniche, cinesi, russe e turche, solo per citare le più attive ed incisive. La differenza la fa tuttavia la Storia, infatti mentre i servizi di intelligence russi, cinesi, israeliani operano con iniziative e con energie prevalentemente proprie, quelle francesi non hanno in pratica concorrenza potendo fare affidamento su interlocutori autoctoni, molti ex colleghi, inseriti nel settore pubblico e privato. In Africa esiste oggi più che in altri periodi storici una forte attività spionistica, che se fino ad alcuni anni fa influiva sulla politica inserendosi anche nel condizionamento della scelta dei Capi di Stato, oggi opera nell’ambito antiterroristico ed affine; inoltre l’intelligence svolge un ruolo cruciale nei rapporti affaristici tra gli Stati. Molti studi-indagine, anche pubblicati, hanno rivelato numerosi casi in cui la Francia ha fatto "eleggere" capi di stato attraverso i suoi Servizi segreti, soprattutto dando informazioni sensibili sui candidati antagonisti, contraddicendo, forse, i principi di elezioni democratiche e libere da influenze che la diplomazia transalpina ostenta ogni volta che in una sua ex colonia si svolgono contese elettorali. Tali influenze politiche hanno avuto la loro massima efficacia durante la Guerra fredda, anche se ancora oggi abbiamo esempi di longevità politica come quello di Idriss Déby, presidente della Repubblica del Ciad dal 4 dicembre 1990, posto a capo dello Stato dalla Francia che favorì l’allontanamento di Hissène Habré dal panorama politico. Va tuttavia detto che tali influenze hanno spesso garantito stabilità allo Stato ed impegno, in questo caso francese, contro la minaccia terroristica contribuendo con sistemi informativi e con supporto militare e logistico. Altro esempio del ruolo degli "007" francesi determinante per progetti politici africani è stata l’elezione di Ismaïl Omar Guelleh a presidente della Repubblica di Gibuti avvenuta nel 1999 e tutt’oggi in carica. Tale designazione fu voluta e supportata dai Servizi francesi a cui Gibuti fu fortemente riconoscente e con i quali stabilì un rapporto di dipendenza soprattutto in ambito di sicurezza. Tuttavia, con il tempo, cinesi ed americani hanno occupato alcuni spazi che la Francia ha trascurato, o che nei quali non poteva più garantire quanto necessitava allo Stato africano, subentrando nelle "grazie" di Omar Guelleh. Comunque i francesi rimangono tuttora molto utili a Gibuti, ma in misura minore: il presidente Guelleh ha bisogno della Cina per i suoi investimenti, trovando oggi intralci più nei rapporti con Parigi che con Pechino. I capi di Stato nell’Africa sub-sahariana e saheliana spesso attingono alle reti di spie francesi per ottenere informazioni su progetti o programmi delle loro opposizioni. Tutto ciò contribuisce anche in questo periodo a coltivare l’ambiguità delle relazioni tra Francia e gli Stati africani, anche se Parigi si impegna ufficialmente a dimostrarsi imparziale, la realtà è differente. Dopo il periodo della Guerra fredda, la situazione in Africa ha subito notevoli cambiamenti; allora la Francia era agiatamente a casa in Africa, i Servizi segreti operavano senza concorrenza; dall’1989 i "Servizi" Militari in azione concorrenti come quelli israeliani, si sono allocati ed infiltrati, come gli omologhi russi, tra le maglie della politica, come anche i cinesi che velocemente, con varie modalità, si stanno inserendo nella rete spionistica del continente. L’intelligence anglosassone sembra che abbia meno difficoltà a capacitarsi che le cose sono cambiate, ha preso le misure di questa globalizzazione dell’Africa restando apparentemente meno affannosamente invischiata nelle dinamiche spionistiche delle sue ex colonie o aree di influenza. Nonostante la diplomazia tradizionale continui ad operare con modalità consone, i veri decisori sembra siano i Servizi segreti; nel caso della Francia risulta che Emmanuel Macron apprezzi molto il loro operato, apprezzando il loro livello di influenza sugli eventi in corso e godendo del loro profilo "lobbista", spesso richiesto e gradito anche dai capi di Stato africani. Queste dinamiche ai confini della politica estera finiscono per creare una sorta di diplomazia parallela, dove alcuni 007, ben inseriti, mostrano addirittura una certa arroganza ed autorità datagli dai stretti rapporti con i governi africani. Anche questo aspetto fa notare una sorta di perdita di potere della diplomazia ufficiale a favore degli Stati ex coloniali, che convintamente assoldano ex agenti segreti occidentali tra le fila della propria diplomazia. I Servizi segreti in Africa hanno quindi un potere considerevole, infatti a volte le indicazioni degli agenti vengono ascoltati più di quelli degli ambasciatori, scaturendo quella che potrebbe essere definita una sorta di nuova "guerra fredda con più poli d’influenza". In questa brevissima disamina va ricordato che l’Africa è diventata una sorta di melting pot di tutti i conflitti: circa l’85 per cento della migrazione africana è all’interno del continente, il ricco "piatto" delle materie prime è conteso tra le tradizionali potenze straniere e le nuove, l’India e Cina con affari in crescita, le crisi economiche dei Paesi occidentali cercano sollievo in Africa, la Turchia sta consolidando il suo potere. Nell’Africa sub-sahariana è difficile inquadrare uno Stato nazionale definito, quindi spesso i religiosi prendono il sopravvento, il che porta a volte alla radicalizzazione. In Africa, in un’epoca di lotta infinita contro il terrorismo e le conseguenti sfide economiche, il continente è ancora un vero e proprio nido di spie, dove molti semiocculti "facilitatori della diplomazia", soprattutto francesi, sono ex agenti dei Servizi segreti, all’opposto i diplomatici ufficiali senza addestramento "specifico" si avvalgono dei Servizi segreti mettendo a dura prova sia la Direzione generale della sicurezza interna, Dgsi, che la Dgse (Esterna), che il Drm (Direzione dell’intelligence militare), in questo modo tutti mantengono i propri segreti a spese delle operazioni, aggiungendo segretezza a segretezza e creando una sorta di "conflitto" franco-francese.
di FABIO MARCO FABBRI