Cinematografica e spettacolare, la fuga di Rocco Morabito dal carcere di Montevideo continua un anno dopo ad essere un mistero. Il "re della cocaina di Milano", boss di primo piano della ‘ndrangheta calabrese, concretizzava il suo piano nella notte del 24 giugno del 2019 tornando così ancora una volta a sparire nel nulla come aveva fatto durante 23 anni. Morabito aveva trascorso gli ultimi 13 anni di latitanza a Punta del Este insieme alla famiglia e venne arrestato nel settembre del 2017 in un hotel di Montevideo. Dopo l’arresto cercò in ogni modo di evitare l’estradizione in Italia dove era stato condannato in contumacia a trent’anni di carcere per diversi reati ingaggiando una lunga battaglia legale che aveva anche provocato la firma di un accordo tra i due paesi stipulato durante la visita del ministro degli Esteri italiano Enzo Moavero nel marzo del 2019.
Poco dopo questo accordo un tribunale penale d’Appello autorizzava quell’estradizione che però non c’è mai stata. La fuga dal carcere "Central" era stata prevista dagli 007 uruguaiani che un anno prima avevano lanciato un allarme rimasto inascoltato. Con Morabito evasero dal tetto dell’istituto penitenziario altri tre detenuti catturati dopo pochi giorni. Grazie alle immagini delle videocamere gli inquirenti riuscirono a ricostruire gli istanti successivi all’evasione per quelle che sono al giorno d’oggi le ultime tracce lasciate dal boss mafioso: Morabito si recò presso una pizzeria di Punta Carretas e da lì partì verso Minas, cittadina del dipartimento di Lavalleja. Successivamente rientrò a Montevideo e dopo essere entrato all’interno della pizzeria scomparve ancora una volta.
Ma come è potuto succedere questo pasticcio che ha infangato l’immagine dell’Uruguay nel mondo? Perché l’allarme dall’intelligence è stato ignorato? Nel lungo processo di estradizione è stato fatto tutto nei tempi giusti oppure ci sono stati dei ritardi? E poi ancora, chi ha aiutato uno dei trafficanti di droga più ricercati al mondo a scappare da un carcere situato nel pieno centro di Montevideo? Un anno dopo la vicenda non c’è ancora niente di concreto e a Montevideo tutto tace. Morabito è diventato un fantasma grazie a una rete di complicità molto vasta. Secondo le dichiarazioni di un detenuto brasiliano raccolte da Subrayado su Canal 10, il boss calabrese si troverebbe attualmente a San Paolo in Brasile sotto la protezione del cartello "Primer comando capital" e avrebbe forti interessi nella "Triplice frontiera", la zona condivisa da Brasile, Paraguay e Argentina, centro nevralgico del mercato nero in Sud America.
Marcos Antonio Farias Sabetta condivideva la cella con Morabito in Uruguay e si è detto pronto a dare tutte le informazioni alle autorità nonostante le minacce di morte che dice di aver ricevuto: "Invito il governo italiano a contattarmi, mi offro a consegnarlo". Recentemente l’attuale ministro dell’Interno Jorge Larrañaga ha svelato una nuova pista nelle indagini che sta portando avanti la magistratura e che riguardano i contatti intrattenuti anche prima dell’arresto dal latitante italiano con il narcotrafficante messicano Gerardo González Valencia del cartello Los Cuinis. "Nella fuga di Morabito" -hanno anticipato i magistrati che stanno seguendo il caso- "sono esistite irregolarità di ogni tipo e ci sono responsabilità molto forti". Nel ricordare questo primo anniversario dell’evasione di Morabito, l’ambasciatore italiano Giovanni Iannuzzi si è riunito con il ministro Larrañaga come ha informato la stessa Ambasciata: "Sulla vicenda è stato ribadito l’impegno uruguaiano per concludere l’indagine sulle circostanze dell’evasione e la comune determinazione a collaborare col fine di consentire che l’evaso possa essere prontamente assicurato alla giustizia".
Matteo Forciniti