Vent’anni fa D’Alema ministro degli Esteri e i suoi accoliti furono definiti, per il loro penchant verso il business, "l’unica merchant bank al mondo che non parla inglese". Ci risiamo. Tempi duri per gli angloglotti alla Farnesina. Dopo l’ineffabile Angelino Alfano, ministro nel Governo Gentiloni (2017), ecco Giggino tanta buona volontà. "Si è eccitato molto la prima volta che è andato a Londra come candidato premier M5S e poi a Harvard, negli Stati Uniti", sibila un grillino che conosce bene Luigi Di Maio, "volare in aereo lo rende euforico. Ha capito che la sua dimensione è quella. Altro che Pomigliano". Se l’era vista brutta nel maggio 2018, quando alla poltrona degli Esteri mirava Alessandro Di Battista. Ma allora i grillini non si erano ancora montati la testa, e Ale manco osò proporsi durante le trattative per il Governo gialloverde.
Alla fine Mattarella impose Moavero, addirittura dalla gerla Monti. Uno agli antipodi del sovranismo grilloleghista, e infatti per Moavero fu una bella vacanza di un anno. Prima missione di Di Maio al Governo: a Fiumicino per lo sputtanamento dell’Air Force Renzi, video in coppia con Toninelli. Due anni dopo l’aereo è sempre in quell’hangar. Di Maio ricomincia a volare, perché vicepremier significa tutto e niente, ma di Sviluppo economico c’è bisogno ovunque. Al primo viaggio in Cina mostra orgoglioso il "bijetto di classe economica, perché noi non siamo come loro". Poi chiama Xi "mister Ping". Quello sussulta, perdona lo scugnizzo, e avanti con la via della Seta, Italia avanguardia d’Europa per la gioia degli Usa. Con Di Battista va a Parigi a solidarizzare con i gilet gialli, per la gioia di Macron. Poi è l’unico politico in Europa a non riconoscere presidente il capo dissidente venezuelano Guaidò.
Dieci mesi fa arriva il ribaltone, per Di Maio salta la poltrona di vicepremier visto il crollo alle Europee. La consolazione di lusso è la Farnesina. Ci sta pure lo scuorno per Di Battista. Le feluche ingoiano, dopo la Mogherini sono avvezzi a tutto. Il debutto è all’annuale Assemblea generale Onu a New York. Di Maio ha un ritmo di lavoro teutonico, ogni giorno incontra omologhi e il suo staff, sapientemente guidato all’ambasciatore Sequi, sforna una valanga di comunicati. Quello più frequente, sempre uguale da dieci mesi, è sulla Libia. Dice così: "Il ministro Di Maio esprime la volontà di rafforzare il lavoro per fermare gli scontri e rilanciare il processo politico, allentare le tensioni e raggiungere un cessate il fuoco duraturo, nel pieno rispetto dell’embargo Onu e con l’identificazione di garanzie economiche e di sicurezza idonee a ricostruire la fiducia tra le parti libiche".
Lo ripete a tutti, da dieci mesi. Nel frattempo c’è stata una guerra, l’Eni ha bloccato pompaggio ed export di petrolio, il generale Haftar è avanzato e si è ritirato che neanche Rommel, mercenari russi combattono militanti Isis, la Turchia si è ripresa la Libia cent’anni dopo averla persa con l’Italia e ci sta cacciando dai pozzi petroliferi del Mediterraneo. Gli attivisti 5 stelle sono fermi alle invettive contro la Francia, che invece la guerra la sta perdendo assieme alla sua Total, e Di Maio è prigioniero dei loro luoghi comuni.
Secondo fallimento: Giulio Regeni. Salto triplo per il povero Giggino, massacrato sui social grillini per avere pure venduto due fregate all’Egitto che ci prende in giro. "La decisione politica non c’è ancora", balbetta. Lo sa che l’accordo con Al Sisi prevede anche 24 aerei Eurofighter? A febbraio è andato a Ciampino ad accogliere gli italiani rimpatriati da Wuhan. "Siamo i migliori al mondo contro il virus", si è vantato come sempre. Dopo pochi giorni è scoppiata l’epidemia pure in Italia. Due mesi dopo è tornato a Ciampino per accogliere Silvia Romano, la ragazza liberata dai terroristi islamici. Speravano di convincerla durante il volo a levarsi il chador. La sventurata ha tenuto duro. Risultato: 100mila voti in più per la Lega. Non è che Di Maio è anche un po’ sfortunato? Prima del lockdown è tornato in Cina. Questa volta ha regalato a Xi Jinping una maglietta azzurra della nazionale. Poi i rapporti si sono un po’ guastati perché l’Italia ha chiuso i voli causa virus. Sono tornati buoni quando Di Maio ha fatto la claque alle mascherine inviate dai gerarchi cinesi. E adesso, figurarsi se emetterà uno dei suoi innumerevoli post per criticare la repressione a Hong Kong.
Appena finito il picco della pandemia ha ripreso a volare. Prima ha preteso "rispetto" dagli Stati riluttanti a riaprirci le frontiere. Come comprensibilmente ha fatto la Grecia, 190 morti contro i nostri 34mila, posponendo il via libera al 1 luglio almeno per i lombardi. Di Maio è piombato ad Atene il 9 giugno e ha emesso il solito comunicato di vittoria: "Ho ottenuto l’apertura il 1 luglio". Fiumi di propaganda a parte, il simpatico Di Maio ha un grande argomento dalla sua parte: non si uccide un uomo morto. Lui sta solo dando il colpo di grazia a una politica estera italiana che già da tempo non esisteva più. Quanto all’antropologia, aveva già previsto tutto in un carme del 2013 la poetessa Paola Taverna, che ben conosce i suoi polli grillini:
“Che meraviglia sei diventato senatore (ministro) E mo’ te senti er più gran signore Lasci interviste e fai er politico sapiente Pe me e pe’ troppi ancora sei poco più de gnente Te guardo incredula seduto proprio accanto E penso che non sai qual gran rimpianto De quelli che vicino me stavano ai banchetti E senza dubbio alcuno capivano i concetti Proponi accordi strani e vedi prospettive Mentre io guardo ste merde e genero invettive So io quella sbagliata che ha perso er movimento? O te come bandiera ora giri insieme al vento E invece de grida’ ‘Annate tutti a casa’ Te inventi le cazzate, ma questa è n’antra cosa”.
MAURO SUTTORA