Riforme come? Assistenzialismo o lavoro? In 25 secoli nulla sembra essere cambiato. Nell’Atene del V secolo A.C. nel campo di quella, che oggi potremmo chiamare la "sinistra", si confrontarono due personaggi: Cimone e Pericle. Entrambi intendevano perseguire il bene del popolo, ma le loro strategie erano antitetiche. Cimone riteneva che il bene delle classi popolari si raggiungesse soddisfacendo i loro bisogni. E usava, di conseguenza, le sue ricchezze per elargire sussidi e mettere a disposizione dei cittadini ateniesi bisognosi i prodotti delle sue terre. Sfamare il popolo era il suo slogan "riformista".
La ricetta di Pericle: grandi opere Pericle, al contrario di Cimone, quando arrivò al potere ad Atene decise di rispondere ai bisogni popolari introducendo una grande politica di opere pubbliche. Tutti gli ateniesi furono assunti come salariati della città. A Fidia, il grande architetto, fu affidato il compito di presiedere al grande cambiamento. Ingegneri, architetti, muratori, scalpellini, disegnatori e così via. Tutta Atene si mobilitò nel costruire quelle grandi opere. Molte di esse ancora oggi testimoniano simbolicamente quella che fu la grande Grecia. Il Partenone di Pericle è ancora in piedi. Sia Cimone che Pericle guardavano con attenzione ai problemi della popolazione ateniese. Ma le loro soluzioni divergevano. Cimone aveva sposato l’assistenzialismo, Pericle perseguiva la politica del pieno impiego.
Assistenzialismo o lavoro? A distanza di quasi 2.500 anni il tema è sempre lo stesso. Come affrontare e risolvere la domanda che viene dalle classi più disagiate del Paese e le risposte sono sempre due: o dare assistenzialismo o creare lavoro. La politica assistenzialistica dei due governi che hanno colorato la legislatura in atto, con quota 100 e il reddito di cittadinanza (due misure ancora in vita) ha dimostrato con chiara evidenza quanto questa ricetta sia, non solo insufficiente. Ma anche estremamente dannosa per affrontare e risolvere i problemi di un Paese sulla via del declino. Nonostante le enfatiche parole del Presidente del Consiglio, i dati impietosi, che ci vengono dall’Ocse, dall’Istat, dalla Commissione Europea e dalla nostra Banca Centrale, collocano l’Italia tra gli ultimi paesi della Comunità. Con un tasso di disoccupazione sempre in crescita. Secondo le previsioni potrebbe sforare quest’anno il tetto del 12%. Sembrerebbe che con le ultime decisioni notturne del governo si sia finalmente imboccata la strada inversa. Ovvero un piano eccezionale di interventi pubblici e di riapertura di cantieri. Tanto da far dire a Conte di aver raggiunto un risultato clamoroso e di avere compiuto, addirittura, una rivoluzione per l’Italia. Speriamo che sia così, o meglio, che le cose andranno in questo modo. Per il momento dobbiamo soltanto limitarci a registrare che questa rivoluzione annunciata dal Presidente del Consiglio, gli torna utile per portarla come viatico nei colloqui europei. Non esiste, però, ancora un testo pubblicato e peraltro, a quanto pare, anche questo accordo porterebbe la clausola "salvo intese". Il che significa che potrà essere modificato, alterato, soppresso in qualsiasi punto. Vedremo. Ma lo vedremo presto. Per ora registriamo quanto sia alta la febbre dell’annuncite, che è, purtroppo, il motore portante di questo Governo, che ha sposato il riformismo dell’annunciazione.
GIANCARLO TARTAGLIA