Crisanti contro Zangrillo. Tarro contro Burioni. Ranieri Guerra contro Clementi. Critiche, insinuazioni, persino insulti. Dopo la tregua forzata causa lockdown, l’inizio della "nuova normalità" ha riportato prepotentemente in auge la "guerra" tra gli esperti, divisi ormai in maniera abbastanza netta in due fazioni: ottimisti e pessimisti. Una polemica inedita per toni e modalità, uscita dalle polverose aule accademiche per divampare sui social, sulle agenzie, sui giornali.
Con un interrogativo non sempre espresso ma onnipresente, magari sotto traccia: il governo ha fatto bene o sta sbagliando? E con i due fronti, scientifici e politici, che in qualche modo si sovrappongono e si sostengono a vicenda. La disfida insomma, da accademica è diventata politica. Inevitabile, quando si toccano argomenti che interessano l’intera popolazione. D’altra parte lo diceva già Thomas Mann: l’apoliticità non esiste, tutto è politica. A gettare il sasso nello stagno, come noto, è stato all’indomani delle riaperture Alberto Zangrillo, primario dell'Unità Operativa di Anestesia e Rianimazione del San Raffele di Milano, con la frase "il virus ormai è clinicamente morto".
Concetto contestato dagli esperti che potremmo definire, con una buona dose di approssimazione (elemento fondamentale in politica), del fronte "di sinistra". A partire dai membri del Comitato tecnico scientifico, da Franco Locatelli, presidente del Consiglio Superiore di Sanità, a Silvio Brusaferro, numero uno dell’Istituto Superiore di Sanità, fino a Gianni Rezza, passato nelle scorse settimane dall’Iss alla direzione del dipartimento Prevenzione del ministero della Salute. A pesare sulla polemica, inutile negarlo, la figura stessa di Zangrillo, medico personale di Berlusconi, esponente di punta del mondo della sanità lombarda "formigoniana", insomma, si presume, non esattamente affine ideologicamente al governo in carica.
Altra figura cara agli "ottimisti", o al fronte affine al centrodestra, quella del virologo Giulio Tarro, storico esperto campano in prima linea 40 anni fa nella lotta al colera, anche lui convinto dell’esagerazione nella risposta al virus, sceso in polemica diretta e furibonda più volte con i colleghi, fino alla querela contro Roberto Burioni, reo di aver pronunciato la frase "se Tarro è stato candidato al Nobel io lo sono a Miss Italia". E’ proprio Burioni, dopo le guerre all’arma bianca degli scorsi anni sul tema dell’obbligatorietà vaccinale, uno dei paladini del fronte dei "pessimisti".
Sulla sua pagina Facebook ‘Medical Facts’ sono immancabili le polemiche, con un fronte più estremo passato con disinvoltura dal credo ‘No vax’ a quello ‘No mask’, e sfociato in iniziative più folkloristiche che politiche come quelle del generale Pappalardo. Mentre è certamente tra gli ottimisti Massimo Clementi, direttore del laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’Ospedale San Raffaele, assertore della tesi, ancora non dimostrata, di un virus diventato in qualche modo "più buono", e comunque con una carica virale attenuata. Tesi su cui si è registrato il furibondo scontro con Ranieri Guerra, direttore aggiunto dell’Oms, che lo ha invitato poco cavallerescamente a "tornare nelle fogne", anche qui con un richiamo non troppo sottile a disfide politiche di altri tempi.
Non si è risparmiato neanche Andrea Crisanti, direttore del laboratorio di virologia dell’università di Padova e "padre" del modello veneto, che ha consentito nei primi drammatici mesi di contenere l’epidemia a suon di tamponi e tracciamenti, contravvenendo anche alle catastrofiche indicazioni iniziali dell’Oms. Non solo contro i colleghi, a partire da Zangrillo, ma anche contro il governatore Luca Zaia, accusato di prendersi i meriti e nelle ultime settimane di aver cambiato linea dando retta ai suoi "virologi di fiducia che gli dicono che il virus non c’è più". Ma che gli scienziati, diventati improvvisamente superstar, spesso utilizzino la visibilità per scopi personali, anche politici (nulla di male, ovviamente), è più che un sospetto.
Di Giuseppe De Donno, primario di pneumologia a Mantova e massimo propugnatore della terapia con il plasma dei convalescenti, si è detto e scritto che l’intenzione ancora non dichiarata era addirittura quella di correre a sindaco della città lombarda (ipotesi finora smentita dall’interessato). Si è mormorato anche di Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dello Spallanzani di Roma, sempre con posizioni molto prudenti, di cui ha fatto rumore l’intervento all’assemblea del Pd a fine febbraio, proprio mentre iniziava a infuriare la pandemia. Mentre è ufficiale la candidatura di Pier Luigi Lopalco, consulente di Emiliano in Puglia, proprio nelle fila del governatore Pd uscente in corsa in autunno per il secondo mandato. Scelta che lo ha indotto a dimettersi dalla presidenza del Patto trasversale per la Scienza, l’associazione che riunisce (o per meglio dire, riuniva) gran parte degli esperti italiani impegnati nella lotta al coronavirus.
La dicotomia scienza-politica è diventata un tema non più eludibile, incrinando proprio l’unità del Patto, con il convegno di oggi promosso da Vittorio Sgarbi al Senato per presentare la nuova associazione ‘Osservatorio per i diritti fondamentali’, le cui tesi di fondo sono sostanzialmente che il virus non rappresenta più un grave pericolo e che continuare con lo stato d’emergenza è inutile e dannoso per l’economia e la società tutta, oltre che lesivo, appunto, delle libertà fondamentali. Facendo emergere l’impossibilità di convivenza tra i due "partiti".
L’opposizione, Salvini in primis, sposa convintamente la linea espressa dal manifesto, accusando il governo di voler mantenere forzatamente lo stato di emergenza per scavalcare il Parlamento. Mentre la maggioranza, con in testa il ministro della Salute Roberto Speranza che ogni giorno ribadisce la necessità di mantenere alta la guardia, continua a seguire la linea della massima prudenza dettata dal Comitato tecnico-scientifico. Dal convegno di oggi si è chiamato fuori Guido Silvestri, che insegna alla Emory University di Atlanta, che malgrado il grande successo della sua rubrica web ‘Pillole di ottimismo’ non si è sentito di partecipare a un’iniziativa, a suo dire, più politica che scientifica, alla presenza tra l'altro dello stesso Salvini.
Il Patto per la Scienza (la cui definizione iniziale ‘trasversale’ somiglia sempre più a un’utopia) ha emesso un duro comunicato che sintetizza tutte le difficoltà di conciliare i due aspetti: "Appare grave ed incomprensibile l’eventuale adesione da parte di importanti soci del PTS ad iniziative in chiave chiaramente politica ed elettorale che vedano come guida o contributori soggetti che sono stati oggetto di querela o di diffida da parte del PTS proprio per le pericolose posizioni antiscientifiche espresse durante l’epidemia di COVID-19, insieme ad altri che in moltissime occasioni hanno dimostrato la propria lontananza dal metodo scientifico".
Chi partecipa al convegno, spiegano i responsabili dell’associazione, è fuori. Ma se gli scienziati si accapigliano, anche la sfida tra regioni si accende, in base naturalmente al colore politico della giunta. Il governatore campano Vincenzo De Luca ha a più riprese attaccato la gestione lombarda, con uscite non sempre nei limiti del buon gusto, mentre di fronte alle critiche per il caso camici che ha coinvolto il governatore lombardo Fontana i suoi sostenitori contrattaccano ricordando il pasticcio delle mascherine acquistate e mai recapitate nel Lazio di Nicola Zingaretti, leader del Pd. E inevitabilmente, nel tritacarne finisce anche il tema divisivo per eccellenza, quello dei migranti, dopo i diversi casi di positività tra gli sbarcati, ma anche tra gli arrivi dal Bangladesh e ultimamente dall’Europa dell’Est (che hanno portato a blocchi e quarantene). Lo stesso Lopalco ha chiarito su Facebook, dopo che qualcuno dall’opposizione si era spinto addirittura a parlare di un governo che fa entrare di proposito migranti infetti per tenere alta l’emergenza: "I virus sono individui esigenti: se proprio devono viaggiare, preferiscono farlo in aereo in prima classe piuttosto che sui barconi".
Con il consueto corredo di polemiche, di post e contro-post, che hanno spinto Lopalco a un ulteriore chiarimento, in cui ammette però il disagio della sua condizione 'bifronte': "Quando parlo, non so se parlo da scienziato o da politico. Ma quando dico che se la circolazione di coronavirus riparte non è certo per colpa dei barconi, so quello che sto dicendo". Se c’è una cosa che il virus ha insegnato, insomma, è che anche la scienza è una materia "umana", e quindi madre di continue contrapposizioni (per fortuna, altrimenti probabilmente saremmo ancora confinati in una caverna). E che Thomas Mann non poteva avere più ragione: tutto è politica.