Oggi muore la Lega Nord. Proprio oggi: data e notizia sono ufficiali. Il Carroccio scompare, nasce il partito nazionale. Oggi si chiude anche il tesseramento del nuovo partito di Matteo Salvini, Lega per Salvini premier. Parto e nascita avvengono con la sparizione di un terzo dei vecchi militanti. Gli iscritti non saranno più gli stessi. Il nuovo è affetto dal malessere della base padana, in cerca di altri leader. La novità salviniana sopravviene in concomitanza con l’odierna chiusura della festa del partito. Mentre, a destra, continua a guadagnare consensi Giorgia Meloni. Salvini rischia grosso. Muore la Lega di Umberto Bossi. In quella nuova sparisce la questione settentrionale ed entra la destra del Sud.
I vecchi militanti non limitano scetticismo e protesta ai mugugni. Lievita il malessere, rappresentato in maniera evidente e pungente dagli atteggiamenti e dalle parole del governatore del Veneto, Zaia, e dell’ex ministro Giorgetti. Annunciata in una sorta di congresso fantasma, quello che si è svolto mesi fa in totale clandestinità, si assiste alla sparizione del Nord. Quello che organizzava i gazebo e andava in processione al raduno di Pontida. Quello che Umberto Bossi chiamava "il militante ignoto". Giorgetti ha dato forfeit alla serata finale della festa della Lega Romagna, a Cervia. Farà solo un video-collegamento. Al suo posto, l’economista salviniano predicatore contro l’euro, Alberto Bagnai.
I manifesti sono stati ristampati in fretta e furia. L’appuntamento organizzato per celebrare la leadership di Matteo Salvini capo di tutti e Leghe ha tutta l’aria del più classico dei contrappassi. La rivoluzione monta infatti dal basso, non dai vertici dirigenziali. Una situazione decisamente anomala per un movimento che ha vissuto sempre nella identificazione totale del capo con gli iscritti. Il numero dei tesserati rischia di registrare un poderoso taglio. Nei prossimi giorni è previsto il risultato definitivo, Secondo gli ultimi dati relativi al 2017, gli iscritti erano circa 80mila e i 60mila sostenitori. Ma la propaganda di partito omette di dire che un’ampia fetta di militanti storici non ha rinnovato l’iscrizione. Si vocifera di almeno un terzo. Il trenta per cento sarebbe quindi pronto alla rinuncia. Il distacco annunciato pare trovare spiegazione nella mancanza della parola "Nord", per gli scissionisti magica.
Indipendenza, federalismo, autonomia: era questa la ragione sociale dell’idea politica ideata da Umberto Bossi. I dissidenti si ritengono "disimpegnati" dal personalismo sovranista. Di fatto, la Lega Nord è un guscio vuoto. Una bad company cui consegnare soprattutto quel debito di quaranta milioni ancora da restituire. Laddove monta lo scandalo della Lombardia Film Commission. La consulenza da 70mila euro del presidente leghista. Quell’incarico a Di Rubbia, poi naufragato. E quello da 25mila euro al commercialista dello studio in cui nacque la lista Salvini premier. Una vicenda complessivamente maleodorante, a non voler andare giù con la durezza che sarebbe invece necessaria. "Gli iscritti sono quintuplicati", annuncia il segretario leghista Paolo Grimoldi, impegnato evidentemente nel ruolo del pompiere.
I fatti sono altri, "il giocattolo" ha smesso di funzionare: la sede del partito non è più in via Bellino, ma in via Privata delle Stelle, una furbizia strategica e giudiziaria; Salvini punta a compensare gli esodi dei militanti storici con i nuovi ingressi, soprattutto di quelli sudisti. La Lega Nazionale ha aperto sedi da Napoli a Palermo. Ma si capisce chiaramente che la militanza settentrionale è ampiamente prevalente. I contribuenti che hanno versato il due per mille alla Lega sono stati 63.689 per un totale di 753.093 euro. I lombardi i finanziatori più numerosi, circa 24mila; poi, veneti e piemontesi. Le regioni del meridione fanalini di coda. I sardi, più attivi, sono trecento; i siciliani appena 266. Numeri che alimentano il malumore dei dissidenti nordisti, identificabile in Giancarlo Giorgetti, Luca Zaia e Roberto Maroni, costretto all’esilio da tempo. Tutti indispettiti.
Uno dei più stretti collaboratori di Zaia non nasconde malumore e protesta del governatore. "Luca è fuori dalla grazia di Dio. In particolare per tesi negazionista di Matteo Salvini". L’avversione di Zaia è nota, avendola manifestata in diverse occasioni, con punte di acredine. Il presidente della Regione Veneto viene ritenuto da Salvini come "un competitor". E Zaia ne è completamente conscio. L’impressione è corretta, reale. Altrimenti come spiegare l’assenza totale di una tappa in Veneto da parte di Salvini in vista del voto del 21 settembre? Stessa spiaggia, ma un altro mare, molto mosso, alte e cattive le onde, il Papeete di Salvini, questa estate. La Lega Nord è andata a fondo; non baciata dal sole, proprio no, la Lega Nazionale nascitura.
Franco Esposito