Sta crescendo in Uruguay la protesta del settore rurale. Il movimento "Un solo Uruguay " - che raggruppa produttori di tutto il paese - ha fatto il suo esordio ufficiale durante il mese di febbraio con una grande manifestazione, una mobilitazione dai numeri imponenti per il contesto nazionale. Tra le misure richieste, la diminuzione degli alti costi di produzione tra cui l'elettricità e il combustibile e una nuova politica sulla gestione del cambio il dollaro. Simbolico ed estremamente significativo fu un video molto visto in quei giorni dove il presidente Tabaré Vázquez discuteva animatamente con alcuni manifestanti in strada. "Questo è un movimento politico. Ci vedremo alla urne" sentenziò il presidente. L'ultima grande prova di forza è stata la protesta - l'ennesima - durante il primo Consiglio dei Ministri dell'anno aperto alla cittadinanza a San José.
"Vogliamo produrre, vogliamo un paese senza politici corrotti" hanno dichiarato durante la riunione alcuni manifestanti circondati da bandiere dell'Uruguay e striscioni. Nel mezzo tanti fischi e cori di quella che è stata la prima grande azione di protesta in un Consiglio di Ministri di questo Governo. Il presidente Vázquez ha risposto che "è stato già fatto tanto" per il settore agricolo in termini di concessioni: "Abbiamo dato risposte molto importanti sulla questione dell'energia, ai produttori di latte, agli allevatori e ai coltivatori. Inoltre abbiamo abbassato il prezzo del combustibile".
Per capire qualcosa in più sulla situazione abbiamo parlato con Eugenio Nocito, uno dei pochi allevatori italiani presenti. Su questo punto occorre far un'importate precisazione: la presenza italiana nell'agricoltura in Uruguay è molto forte nel settore ortofrutticolo dove vanta una lunga tradizione iniziata dagli emigrati specialmente nel dipartimento di Canelones e in tutta la zona che circonda la capitale.
Discorso molto diverso è invece quello dell'allevamento intensivo che detiene quasi il monopolio di tutta l'attività agricola nel paese e dove la tradizione italiana è molto minore a quella ortofrutticola.
Arrivato da bambino in Uruguay nel 1958 proveniente da Altomonte (Cosenza), Nocito lavora da oltre quarant'anni in questo settore. Nel 1986 ha comprato un grossa tenuta nel dipartimento di San José dove cresce bovini maschi: li compra quando sono piccoli - si fa per dire dato che pesano mediamente 200 chili - e poi li rivende quando raggiungono i 500 chili. Nel corso della sua lunga esperienza, ha capito una cosa: "In Uruguay è molto più conveniente scommettere sui vitelli che non sulle mucche perché il campo qui ha molte pietre".
Il vitello è dunque sinonimo di qualità. Strano per una nazione che vive del culto della vaca - ce ne sono quattro per ogni abitante - che pascola liberamente nelle immense praterie dove lo spazio abbonda.
L'allevatore italiano si è totalmente integrato alla realtà del nuovo paese lasciandosi alle spalle l'infanzia vissuta ad Altomonte (Cosenza) dove comunque ritorna occasionalmente e mantiene i contatti con i parenti.
Sulla protesta del movimento "Un solo Uruguay" l'ex presidente dell’Associazione Calabrese ha le idee chiare ed è molto scettico con i manifestanti verso i quali riversa diverse critiche.
"Il problema qui è la mentalità" spiega scuotendo la testa all'interno della sede dell'Associazione Calabrese riunita in una cena per festeggiare l'anniversario.
"Spesso i produttori non fanno alcuna previsione e vivono alla giornata. Ovviamente quando c’è un periodo di crescita le cose vanno bene ma quando iniziano ad esserci i problemi manca la capacità di risolverli".
È un'economia che è cambiata molto quella dell'Uruguay negli ultimi anni che risente molto del rallentamento di tutta la regione dopo il boom degli scorsi anni che ha fatto crescere
in maniera esorbitante i consumi.
Proprio su quest'ultimo punto si concentra la visione critica dell'allevatore calabrese: "Io parlo ogni giorno con i produttori e li conosco bene. La realtà è che stiamo vivendo in un'esplosione del consumismo che sta avendo conseguenze negative. Queste persone
spendono oltre le loro possibilità perché nelle loro famiglie è cambiata la mentalità e oggi si pensa solo a comprare. Questo movimento è formato nella maggior parte dei casi da persone indebitate".
Nonostante le dure critiche verso i manifestanti, ci sono anche diversi aspetti negativi dell'economia locale su cui "bisogna riflettere" partendo dalle grosse trasformazioni
che ha vissuto questo paese negli ultimi cinquant'anni.
"Prima una persona che aveva trenta mucche poteva vivere bene sempre e quando non si verificavano problemi puntuali con periodi di siccità ma in generale una famiglia poteva avere un buon tenore di vita. Questo era possibile perché Conaprole (la Cooperativa
Nacional de Productores de Leche) pagava il latte ai produttori a un prezzo decisamente
migliore rispetto a quello di oggi".
Tra i problemi negativi da sottolineare ci sono innanzitutto "gli alti costi di produzione come i i macchinari e il combustibile ma si tratta di un problema generale di tutta la società. Solo per fare un esempio, un trattore qui costa il doppio rispetto all'Italia. Se i costi fossero
più bassi oggi l'Uruguay produrrebbe un 30% in più".
Nonostante ciò, l'ex presidente dei calabresi non vede alcuna possibilità di successo per il movimento dell’agro: "Ognuno andrà avanti per la sua strada. I manifestanti continueranno a protestare ma il Governo resterà sulla sua linea”.