Nel necrologio pubblicato sul New York Times, Joseph Tusiani, scomparso lo scorso 11 aprile, viene definito "prolifico e pluripremiato poeta, romanziere, traduttore, educatore e umanista". Parole che rappresentano il doveroso riconoscimento da parte delle centinaia di americani che hanno studiato sui suoi libri e apprezzato la sua poesia. Senza dimenticare che proprio grazie a Tusiani, nel 1955 il prestigioso Greenwood Price venne assegnato, per la prima volta, a un "americano". Nato nel 1924 a San Marco in Lamis (Foggia), con cui ha avuto sempre un legame viscerale, tanto da portare a New York, al pari di altri emigrati, un sacchetto con la terra del luogo "dove mi battezzarono Giuseppe" e dove è tornato finché è stato possibile, nel settembre del 1947 si imbarca sul Saturnia insieme alla madre per raggiunge gli Stati Uniti e, soprattutto, per conoscere suo padre.
Un incontro a lungo sognato, raccontato nella sua autobiografia: "Con in mano la sua fiaccola accesa, la Statua della Libertà era emersa sublime dalle onde, gigantesca Anadiomene di pietra, rassegnata al nuovo ruolo d’ospite accogliente. [..] Ma dentro di me io dicevo "Mio padre! Mio padre!" Lo avrei riconosciuto? gli avrei voluto bene? Mi avrebbe voluto bene? Erano queste le domande che non volevo farmi eppure mi facevo". A New York, pur intimorito da un’altra lingua, da altre tradizioni, da un altro ossigeno, inizia la sua carriera innanzitutto di professore, presso il College of Mount Saint Vincent, nel Bronx, dove nel corso di 20 anni di insegnamento, fece innamorare della nostra letteratura i suoi studenti. Fondamentale l’incontro con la scrittrice Frances Winwar, ovvero Francesca Vinciguerra, che forse vide in lui il suo stesso percorso di emigrazione e affermazione nel campo letterario di un altro Paese.
Inizia a frequentare il mondo della cultura, come poeta (come "Joseph") e come scrittore, un’avventura sottolineata nel corso degli anni da premi, riconoscimenti, studi, pubblicazioni sulla sua opera. Laureato in Lettere all’Università Federico II, a Tusiani "bastano" appena dieci anni per conseguire il già citato prestigio premio Greenwood che ne segna la prima, significativa affermazione. Fu proprio la Winwar, all’insaputa di Tusiani, a inviare la poesia The Return (Mi ascolti tu, mia terra) alla Poetry Society of England, e che arrivò a dirgli "Se hai a cuore ciò che gli italiani rappresentano e hanno fatto per l’America e in America, devi staccarti da loro". Di certo, tra i suoi meriti, quello di aver tradotto i nostri classici in inglese, dalla Divina Commedia alla Gerusalemme Liberata, e poi ancora i testi di Michelangelo, Boccaccio, Manzoni, San Francesco, Pascoli e Leopardi, e persino il Morgante del Pulci, tanto da ricevere, nel 2007, le chiavi della città di Firenze per aver contribuito alla diffusione, alla conoscenza della letteratura italiana nei paesi anglosassoni.
Sui suoi testi hanno studiato intere generazioni e nel 1960, durante un incontro con John Kennedy al College of Mount Saint Vincent, (Tusiani ha insegnato anche all’Herbert H Lehman College della City University di New York), affascinato dalla sua traduzione dei versi di Michelangelo, nasce l’idea di fermare su nastro la voce di Tusiani che dà vita alla poesia. E nel 1963, il Congresso degli Stati Uniti lo omaggiò proprio grazie a questa preziosa registrazione conservata oggi nella biblioteca del Congresso a Washington. Altro prestigioso riconoscimento, la Congressional Medal of Merit del Parlamento americano ricevuta nel 1984. Non sono mancati i fondi per studenti istituiti a suo nome, come il Joseph Tusiani Scholarship Fund del Lehman College, la stessa università che in occasione del suo ritiro dall’insegnamento, nel 1983, gli conferisce il titolo di Professore emerito; presso l’Università di Lecce, grazie al prof. Emilio Bandiera, traduttore ufficiale della vasta opera di Tusiani in latino, è stato costituito il Fondo librario Tusiani, mentre nella sua San Marco in Lamis, non poteva mancare il Centro Studi Tusiani.
E non possiamo dimenticare il Premio per gli Italiani nel Mondo, conferito dall’allora Ministro per gli Italiani nel Mondo, On. Mirko Tremaglia. "Ci sono cose nella vita – mi disse in quella occasione – che ci rendono fieri di averla vissuta. Nel mio caso è l’aver fatto conoscere al mondo anglosassone la poesia di Michelangelo. È il libro che fece dire a tutti, cito il Presidente Kennedy e Martin Luther King: ‘Ma era anche poeta quell’uomo?’ E l’orgoglio di aver realizzato il sogno di Lord Byron: tradurre i 35.000 versi del Morgante del Pulci di cui aveva reso in lingua britannica solo il primo Cantare, per poi arrendersi". Ma Tusiani, a quanto pare, non si è arreso. Ha cominciato a scrivere sonetti appena adolescente, per poi crearne infiniti giocando con diverse lingue… spagnolo, inglese, dialetto garganico e latino; sette i volumi con scritti proprio in latino, stessa lingua di Pro senectute mea in cui lamenta "la facilità con la quale un giovane, vedendo il passo lento di un vecchio, crede lenta e inerte anche la sua mente, quel Lucis Principium, quella fonte di luce che in un unico nodo lega fanciullo e vegliardo".
Intere opere trasformate in un’altra lingua, come non pensare al conflitto tra poeta e traduttore. "Un esempio che potrà sembrarle immodesto. Quando traduco, diciamo Michelangelo, dico a me stesso: ‘Sono Michelangelo che scrive in inglese, sua lingua natia’. Bisogna mirare tant’alto per arrivare al segno voluto". E un altro, alto segno messo a punto di Tusiani proprio grazie a The Complete Poems of Michelangelo, è l’aver visto questo libro inserito nella serie permanente dei Classici in traduzione dell’UNESCO. E sempre di Michelangelo, in diverse occasioni ha ricordato di amare, in particolare il verso "una lucciola sol gli può far guerra…". Accanto a tanti studiosi, giornalisti che hanno raccontato, amplificato l’importanza della sua produzione letteraria, la regista Sabrina Digregorio che ha realizzato il documentario Finding Joseph Tusiani – The poet of two lands.
Anche Tiziana Grassi, scrittrice, studiosa di migrazioni, l’ha più volte incontrato e intervistato per le sue pubblicazioni. "In particolare – racconta a La Gente - mi ha profondamente colpito la sua attenzione per ‘Le lingue dell’altrove’ e ogni poesia e scritto dedicati all’importanza della lingua, ricordo ‘La parola difficile’, ‘La parola nuova’, ‘La parola antica’. Secondo Tusiani, accanto alla Madre e alla Terra, anche la lingua assume valenza di ‘Madre’. Pur scrivendo in latino, inglese e in dialetto, Tusiani non ha mai dimenticato di professare il suo amore per la lingua italiana, la sua lingua… un sentimento che, secondo la mia esperienza fatta di decine e decine di incontri con gli italiani all’estero grazie al mio lavoro come autore di Sportello Italia a Rai International, è consolidato in tutti gli emigranti che si vedono costretti a sradicarsi dalla loro terra, dagli affetti e anche dalla lingua. Solo con grande fatica, magari dopo anni, tornano a ricostruire un’identità sfilacciata e a re-impossessarsi della loro lingua che viene trasmessa, come prezioso patrimonio, anche ai figli e nipoti.
Ne abbiamo parlato spesso, nelle lunghe telefonate e anche nei nostri incontri. Amava ripetere che il latino ha rappresentato una sorta di rifugio, la lingua ancestrale che placava questa sorta di ‘conflitto’. Tra l’altro, nel dvd Segni e sogni dell’emigrazione, prima opera multimediale sempre dedicata a questo importante fenomeno della nostra storia, ideata e curata insieme a Catia Monacelli, Direttore del Museo Regionale dell’Emigrazione Pietro Conti a Gualdo Tadino, ho voluto inserire alcune poesie di Tusiani, poesie che si possono ascoltare, decantate dallo stesso Tusiani, e non potevo non ricordare Tusiani anche nel Dizionario Enciclopedico delle Migrazioni Italiane nel Mondo (ponderoso volume diretto dalla Grassi, cui hanno collaborato 170 autori, pubblicato nel 2014 dalla Ser ItaliAteneo-Fondazione Migrantes) accanto ai connazionali che sono riusciti a trovare uno spazio nell’olimpo di altri Paesi, perché come ha affermato il Rettore dell’Università di Foggia, Pierpaolo Limone, ricordando proprio Tusiani, ‘il vero talento non conosce confini’".
Giovanna Chiarilli