Scrivo da anni per Gente d’Italia. Le ragioni sono diverse. L’ammirazione speciale che ho per il suo Direttore - Mimmo Porpiglia -, che ha dedicato la sua vita all’estenuante lavoro di mantenere un giornale per l'emigrazione in vita, si impasta con un mio desiderio personale: cercare di continuare a scrivere in italiano nel limite delle mie possibilitá, perché scrivere in italiano continua ad essere la condizione principale per "pensare in italiano". Come é successo a tutti, mi ha preso di sorpresa la notizia della chiusura del giornale, proprio nel momento in cui nuovi progetti auguravano una piú importante espansione. Leggo i messaggi della comunitá italiana che in forma compatta appoggia il "suo" giornale; tutte le piú importanti voci delle Associazioni italiane in Uruguay si alzano per denunciare una nuova sconfitta della nostra presenza nel paese; leggo commosso i messaggi di Filomena Narducci e Renato Palermo - spesso confrontati nella vita comunitaria -, ma che in questo momento lasciano da parte qualsiasi differenza per difendere uniti il "nostro" giornale. Leggo i messaggi dei politici italiani vicini al mondo dell'emigrazione; leggo ancora le parole del Presidente della FILE sulla necessitá di difendere la libertá della nostra stampa, mentre il CGIE vuole conosce i motivi della chiusura di Gente d’Italia; vedo i comunicati delle agenzie stampa di emigrazione, sorprese come me, per l'annuncio della chiusura. Cerco il messaggio del nostro Ambasciatore in difesa di Gente d’Italia dinanzi alle autoritá del nostro paese. Cerco invano, perché né in prima pagina, né all'interno del giornale durante questa settimana vi é stata una sua sola parola. Penso che é un dovere pubblico dell’autoritá locale esprimere il suo parere su questa situazione, che sopprime la presenza italiana piú importante - oggi - in Uruguay. Non é comune che un paese all’estero vanti un giornale quotidiano diffuso insieme a El País, il quotidiano di maggior circolazione in Uruguay. Tutti - Uruguaiani e Italiani - leggono Gente d’Italia perché la sua diffusione é capillare: spesso colleghi universitari uruguaiani mi commentano affettuosamente le mie modeste note del sabato, che consentono - cosí mi dicono - di riprendere contatto con quella lingua italiana che in Uruguay avevano imparato sui banchi di scuola o al liceo. Perché l’autoritá diplomatica che deve rappresentarci a tutti tace? Il silenzio del potere non é mai neutro; quando il potere tace é perché il potere - con il suo silenzio - convalida e accetta. Pertanto, salvo che una comunicazione tempestiva mi faccia ricredere, il silenzio dell’Ambasciatore non é altro che l’adesione alla decisione di sopprimere quei necessari contributi che necessitá Gente d'Italia per sopravvivere. Spero di sbagliarmi; spero di dover chiedere scusa all’autoritá; spero di ricevere una spiegazione: ne ho diritto, come membro della comunitá italiana in Uruguay. Non é in gioco una questione minore: é in gioco la libertá della nostra collettivitá e la diffusione della lingua italiana. Ricordo che la libertá di stampa non é un dono del "Principe"; ma é un diritto del cittadino di fronte allo Stato e alle sue autoritá. E come cittadini italiani, tutti noi abbiamo il diritto di chiedere allo Stato, rappresentato dall'Ambasciatore d'Italia in Uruguay, che spieghi la situazione attuale, ma "in primis" assicuri la sopravvivenza della nostra stampa libera, che non é una concessione del Potere, ma é un diritto sacrosanto sancito dall’art. 21 della Costituzione Italiana. Se invece il Potere decidesse tacere, continuare a nascondersi nella liquida neutralitá del palazzo, avró capito che il Potere - rappresentato dall’autoritá italiana in Uruguay - non é altro che complice di questa situazione, che colpisce non solo ognuno di noi, ma la stessa presenza, cultura e lingua italiana in questo paese.

JUAN RASO