La crisi legata al Covid-19 ha purtroppo avuto un fortissimo impatto sulla povertà in Italia. La situazione di partenza presentava già diverse criticità. Come certificato dall'Istat, nel 2019 1,7 milioni di famiglie vivevano in condizioni di povertà assoluta, un numero pari al 6,4% del totale. Le persone in povertà assoluta erano 4,6 milioni equivalenti al 7,7% della popolazione.
Sebbene possa incoraggiare il fatto che questi numeri fossero in miglioramento rispetto al 2018, anno in cui l'8% della popolazione e il 7% dei nuclei famigliari vivevano in povertà assoluta, queste cifre restano significative soprattutto se confrontate con il resto d'Europa.
Nel 2018, infatti, le persone a rischio povertà in Italia, come riportato da Eurostat, erano il 20,3% del totale, mentre la media per l'Europa a 27 si attestava a 16,8%. Il miglioramento registrato prima dell'avvento del Covid-19 è da attribuire all'introduzione del Reddito di Cittadinanza, come approfondito da Franco Pesaresi per Welforum e come sottolineato in questo working paper della Banca d'Italia.
La situazione pre Covid-19 non era poi uniforme sul territorio italiano e per caratteristiche demografiche. I più a rischio erano i giovani: l'incidenza della povertà assoluta tra i minori superava già l'11% ed era quasi del 9% nei nuclei in cui la persona di riferimento aveva tra i 18 e i 24 anni, a fronte di un 5,1% nei nuclei over 65. I giovani negli ultimi anni hanno subito infatti un aumento delle disuguaglianze, come sottolineato dall'ultimo report annuale dell'Istat.
Dal punto di vista territoriale, l'incidenza della povertà assoluta si fermava al 4,5% al centro, per salire invece al 5,8% al nord e all'8,6% al sud. Anche a livello di cittadinanza e di istruzione notiamo una notevole eterogeneità: l'incidenza della povertà assoluta era all'8,6% nelle famiglie in cui la persona di riferimento ha conseguito al massimo la licenza media, 3,4% nei nuclei con il diploma di scuola secondaria di secondo grado; se da un lato quasi un quarto dei nuclei di stranieri vive in povertà assoluta, lo stesso è vero per il 4,9% dei nuclei italiani.
Questa è la fotografia della povertà in Italia prima del Covid-19. Per monitorare come la situazione sia evoluta durante e dopo i mesi del lockdown, la Caritas ha condotto tre rilevazioni nazionali. Una durante il lockdown ad aprile, una a giugno e l'ultima con qualche mese di distanza, a settembre. Le rilevazioni, condotte tramite un questionario sottoposto a tutte le Caritas diocesane sul territorio italiano, avevano lo scopo di indagare come stessero cambiando i profili dei più bisognosi in Italia.
Nel recente report contenente i risultati di questa indagine, si riporta come il 46% delle Caritas diocesane in grado di fornire dati sul periodo di aprile abbiano assistito quasi 450 mila persone, di cui il 30% erano "nuovi poveri", ovvero persone che per la prima volta stavano vivendo una situazione di deprivazione. Questo rappresenta un aumento del 105% nel numero di nuove persone assistite, con un picco del 153% al sud. Questo dato è in linea con i risultati di una recente indagine della Banca d'Italia che sottolinea come, a causa del Covid-19, anche includendo eventuali strumenti di sostegno, quasi un terzo delle famiglie in Italia abbia visto il proprio reddito ridursi di più del 25%.
A livello occupazionale, non stupisce come al 92,3% delle Caritas si siano rivolti disoccupati o persone con un impiego irregolare fermo a causa del Covid-19. Nell'87,6% dei casi vi era però anche chi era in attesa della cassa integrazione, e nell'81,7% dei casi lavoratori precari che non godevano di ammortizzatori sociali. Rilevante, inoltre, come al 22% delle Caritas si siano rivolti studenti, al 7,7% lavoratori dipendenti non toccati dal lockdown, e all'8,9% lavoratori autonomi che non si sono fermati a causa della pandemia.
Per quanto riguarda la variazione delle problematiche percepite, nel 96% delle Caritas vi è stato un aumento delle persone che avevano perso il lavoro o fonti di reddito mente nell'88,8% sono aumentate le persone con difficoltà nel pagamento di affitti e mutui. A fianco a queste motivazioni, se ne sono riscontrate di nuove, legate alla situazione di lockdown: l'82,8% delle Caritas hanno assistito ad un aumento di persone colpite da difficoltà scolastiche legate alla didattica a distanza. Inoltre, sono aumentate drasticamente le situazioni di difficoltà legate alla sfera sociale e psicologica. L'86,4% delle Caritas ha infatti osservato un aumento dei casi di disagio psicologico razionale, e nell'82,2% e 77,5% dei casi si è avuto un incremento dei casi rispettivamente di solitudine e di depressione.
Superato il lockdown, le indagini condotte tra maggio e settembre ci permettono di confrontare gli effetti più duraturi della crisi legata al Covid-19 rispetto all'anno precedente. Rispetto allo stesso periodo del 2019, le Caritas hanno registrato un aumento del numero di persone seguite del 12,7%. I nuovi poveri sono ora quasi la metà degli assistiti, essendo passati dal 31,8% del totale al 45%. Vi è inoltre un aumento dei giovani nella fascia 18-34 anni, dal 20,1% al 22,7% del totale. A livello di cittadinanza, aumenta la percentuale di italiani sul totale degli assistiti, dal 47,9% al 52%. Infine, aumenta chi vive con familiari o genitori, con una percentuale sul totale che passa dal 52,3% al 58,3%.
Questi dati mostrano come l'Italia sia arrivata alla seconda ondata con una condizione molto più drammatica rispetto alla prima e sono un chiaro segnale per i policy maker per mettere in campo strumenti che evitino il ripetersi di quanto visto durante la prima.