A volte ritornano, anzi spesso. Ma stavolta il personaggio è di quelli che non passano inosservati, neppure fra chi non annovera la boxe fra i suoi interessi principali. E la disciplina è di quelle meno disposte a concedere grandi onori a chi si avvia sul viale del tramonto: la boxe.
Stiamo parlando di Mike Tyson, 54 anni, indimenticato re dei pesi massimi, il più giovane campione della categoria assoluta nella storia della boxe, ma anche protagonista di tristi vicende extrasportive che lo hanno trascinato sulle pagine di cronaca giudiziaria di tutti i giornali e telegiornali del mondo.
All'altro angolo Roy Jones Jr., 51 anni, già campione del mondo in quattro categorie - dai medi ai massimi - negli anni '90 e 2000, considerato tra i migliori pugili di sempre, ma anche laureato in legge, cantante rapper, attore, cittadinanza russa per motivi di lavoro ottenuta direttamente da Putin.
Il match - otto riprese di due minuti ciascuna - è in programma sabato 28 novembre al Dignity Health Sports Park di Carson (Los Angeles) in California, in palio la "WBC Frontline Battle Belt", cintura inventata per l'occasione, pur di dare una dimensione ufficiale all'evento che, naturalmente, sarà fruibile in PPV sulla piattaforma Thriller. L'incasso sarà devoluto ad alcuni enti in beneficenza.
Tyson divenne "il più giovane campione del mondo nella storia dei pesi massimi" quando, a 20 anni, 4 mesi e 22 giorni, battè Trevor Berbick - l'uomo che aveva posto fine alla carriera del mitico Muhammad Alì - per ko tecnico alla seconda ripresa. Il telecronista Barry Tompkins commentò "Siamo entrati in una nuova era del pugilato". E non si sbagliava.
Era il 22 novembre 1986. A Napoli eravamo in piena euforia Maradona, ci accingevamo ad accompagnare la trionfale galoppata che si concluse col primo, storico scudetto della storia azzurra. Tyson e Maradona, sia pure in mondi diversi, in quegli anni si dividevano le prime pagine spesso e volentieri anche per vicende extra-sportive, seppur di diverso tono.
Roy Jones jr., come sportivo, la sua parte l'ha fatta ad altissimi livelli. Considerato per anni leader delle classifiche mondiali "pound for pound" di "Ring Magazine", già nel 1988, ancora dilettante, alle Olimpiadi di Seul, fu protagonista involontario di uno scandalo di cui avrebbe fatto volentieri a meno se solo gli avessero dato quanto gli spettava.
Vinse l'argento, sconfitto ai punti in finale dal cocco di casa, tale Park Si-Hun, che alla proclamazione dell'incredibile verdetto andò a chiedergli scusa. Uno scandalo planetario. Gli stessi giudici, senza vergogna per la palese contraddizione, gli attribuirono il premio Val Barker quale miglior pugile delle olimpiadi coreane.
Da quel giorno le giurie nella boxe hanno cominciato a essere un serio problema per il Cio fino a rischiare l'eliminazione dai Giochi di questo sport fra i più antichi e seguiti. Anche l'Italia pagò il suo prezzo a quei giudici spudoratamente faziosi con l'eliminazione del superwelter Nardiello ad un passo dal podio, cosa che fece indignare pubblicamente l'allora presidente del Coni Mario Pescante.
Tyson-Roy Jones, otto riprese da due minuti ciascuna. Una distanza adattata all'età dei protagonisti. Una sfida impensabile, fuori dei tempi. In altre discipline sportive gare del genere si dicono "master", ma nella boxe una simile etichetta ne sgonfierebbe l'interesse commerciale. La boxe professionistica ha bisogno di nomi che possano scuotere l'interesse generale.
A volte ritornano, ma nello sport la delusione sulla via del tramonto è spesso direttamente proporzionale alla grandezza. Un atleta sa bene quanto perde il suo fisico sulla via del tramonto, anno per anno. Un pugile lo sa meglio di tutti. Ma il business, seppure a fin i benefici, ha le sue regole e "il nome" è una macchina da soldi e va sfruttato finché è possibile.
La storia della boxe è piena di grandi ritorni. Anche Muhammad Alì tornò dopo la condanna per renitenza di leva, ma non svolazzava più come una farfalla anche se riconquistò il titolo mondiale. È difficile resistere al richiamo del ritorno, e non sempre e solo per sete di soldi. Si torna per nostalgia, per l'incapacità di inventarsi orizzonti diversi, per sfuggire alla depressione. Difficile abolire di colpo il viale del tramonto.
Uno solo vi riuscì tra i grandi pugili: Rocky Marciano, nato a Brockton da padre abruzzese di Ripa Teatina e madre sannita di San Bartolomeo in Galdo. Campione del mondo dei pesi massimi dal 1952 al 1956, si ritirò imbattuto dopo 49 vittorie (43 ko), record battuto solo nel 2017 da Floyd Mayweather, 50 vittorie e sei titoli mondiali dai superpiuma ai superwelter. Marciano morì nel 1969 in un incidente aereo alla vigilia del suo 49esimo compleanno. Tornava a casa dove lo attendevano per festeggiare.
Tyson e Roy Jones, potenza micidiale contro grande tecnica, accoppiamento perfetto, ricetta ideale per ogni organizzatore. I due atleti sono annunciati in ottima condizione fisica. Il loro passato e l'interesse che susciterà la nuova avventura, proveranno a dimostrare al mondo fino a che punto anche la vita atletica s'è allungata. E nel pugilato può rappresentare una conquista estrema della lotta dell'uomo contro il degrado fisico dell'età.
Adriano Cisternino