“Non c’è niente di strano in questa incertezza. L’unico virus che finora l’umanità ha completamente debellato è il vaiolo. Qualsiasi prospettiva di un’uscita rapida da questa pandemia, compreso l’arrivo dei vaccini, è un’ipotesi consolatoria”.
La virologa Maria Rosaria Capobianchi è a capo del laboratorio dello Spallanzani di Roma. Lei è la scienziata che isolò il coronavirus e in una lunga intervista al Corriere della Sera dice: “Il vaccino da solo non basterà a far sparire il virus. Sars-CoV-2 sfrutta ogni crepa per riprodursi. Per prevenire il contagio dovremo cambiare i nostri comportamenti”.
“L’avversario che abbiamo davanti è poderoso, ma ne abbiamo conosciuti di più letali. Senza andare alla peste del 1600, che era però causata da un batterio e non da un virus, l’influenza spagnola del 1918 ha provocato più di 40 milioni di vittime e mezzo miliardo di contagi. Ed è andata a cicli, come tutte le pandemie. Succederà anche stavolta”.
E sulle terapie e il Vaccino dice: “Non ci sono ancora terapie capaci di vincere il Covid. Di contenerlo sì, ma non di eliminarlo. Quanto al vaccino, siamo molto vicini. Ma quanto durerà la protezione che ci garantirà? Non si sa. Potrebbe essere necessario ritararlo ogni anno, come per il vaccino influenzale. Perché è probabile che questo virus non sarà stroncato come è successo per il SarS-CoV nel 2002, e quindi avremo a che fare con lui, temo, ancora per molto tempo e diverse altre stagioni, come per le ondate di influenza”
E riguardo l’infezione nei bambini dice la sua: “Si infettano sì e sono contagiosi. Ma non si ammalano, questo è vero, in maniera grave. Il motivo sta dentro la scatola nera dei misteri di questa pandemia. Faccio solo un’ipotesi: la reazione del corpo di un adulto all’aggressione del virus è talmente forte da provocare essa stessa danni ad alcuni organi, per esempio il deterioramento del tessuto polmonare, e da innescare una sorta di tempesta interna, citochinica in termine scientifico, che favorisce il collasso delle difese. I ragazzi, invece, non sembrano dare questo eccesso di risposta all’infezione. Ma il perché, ripeto, resta ignoto”