"Per sempre". Si potrebbe già finire così, con il Tweet della squadra di cui è diventato, in ordine, giocatore, tifoso e simbolo. Napoli, come squadra e città, piange la morte di Diego Maradona e con lei tutto il mondo sportivo, ma non solo. Per l'occasione, l'azzurro che colora lo scudetto è stato trasformato in nero in segno di lutto. Tifosi, ex compagni e avversari, il cordoglio è una sola voce per quello che è stato se non il più forte calciatore di tutti i tempi (non ponete mai a Napoli questa domanda), perlomeno il più iconico. Proprio in queste ore è stato indetto il lutto cittadino e la città si sta riversando nei Quartieri Spagnoli, tinti di azzurro e dove campeggia il murales rappresentante Diego con la numero 10 del Napoli, ma più indossata da allora.
Le magliette le indossano loro, mentre si riuniscono nella piazzetta dove un bar ha acceso un proiettore su cui scorrono le immagini dei gol. Una donna al primo piano ha appeso allo stendipanni al balconcino una maglia del Boca Juniors con il numero 10, la prima maglia di Maradona. Napoli e i napoletani piangono, increduli, "la morte di un figlio", di una persona gli ha dato tanto e ha ricevuto altrettanto. Forse anche di più. Prima canti e cori per sfogare la tristezza e il dolore, poi il silenzio. Come in un rito funebre, qual è, ma a cui non avrebbero mai voluto prender parte.
Da Pelé che gli promette di giocare in un luogo divino, al dolore del suo allenatore, Ottavio Bianchi, talmente sconvolto che non riesce a parlare, così come l'ex compagno di squadra Bruno Giordano. A trovare le parole sono in pochi, più che altro sono i social a esprimere la tristezza. Lorenzo Insigne, erede della fascia di capitano, ringrazia Maradona con il quale "sono cresciuto sentendo i racconti della mia famiglia sulle tue gesta, vedendo e rivedendo le tue infinite partite". L'emblema di Diego è un ritornello in tutti i ricordi dei napoletani, a cominciare dal suo ex presidente, Corrado Ferlaino: "C'è solo molto dolore, mio e di tutti i napoletani. Maradona non era solo un giocatore ma ha rappresentato lo spirito di Napoli per anni". E poi il commovente saluto di chi per primo gli mise gli occhi di dosso e mai gliel'ha più tolti, Gianni Di Marzio, che merita solo di essere letto: "Per sempre il più grande nella storia del calcio mondiale e per sempre nel mio cuore perché ti ho voluto bene come un figlio. Con te se ne va un pezzo della mia vita...".
Ma non è solamente lo sport a vestirsi a lutto. Il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, il quale nel 2017 ha conferito la cittadinanza onoraria a Diego, lo piange ricordando come "ha fatto sognare il nostro popolo, ha riscattato Napoli con la sua genialità". Subito dopo, propone di intitolare il San Paolo all'argentino. Anche Vincenzo De Luca, presidente di regione, nel suo addio ha voluto sottolineare come fosse "un grande uomo di calcio, un grande uomo di sport che prima del mondo intero, ha fatto innamorare Napoli perché di slancio e senza ipocrisia ha saputo scoprirne e interpretarne l'anima. Ha contribuito a riaccenderne l'orgoglio, unendo generazioni che lo hanno saputo amare, capire e anche perdonare".
Il perdono di un vita condita da eccessi, dalla droga e dalle sregolatezze nelle quali Diego è caduto un po' per debolezza personale un po' perché "nessuno lo aiutò veramente", come dice un ragazzo lì presente. Ma sono in molti a credere che è stato proprio quell'atteggiamento estremo a renderlo umano, un dio popolare capace di dare tanto (a tutti) e, purtroppo, anche togliere (solo a se stesso).
Maradona e Napoli è un connubio che non si può spezzare, tanto che neanche una semifinale mondiale è riuscita a mettere l'uno contro l'altra. Arrivato nell'estate dell′84 come un Re, Diego se ne andò come un Dio. Quello che è riuscito a creare nella sua carriera partenopea va oltre le giocate, supera perfino gli scudetti vinti, gli unici della storia napoletana. Quelli in cui si catapultò Maradona erano gli anni del dominio nordico, dentro e fuori dal campo da gioco. La Juventus di Michel Platini e Paolo Rossi dominava i campionati e quando non vinceva lei eccoti quel Milan tutto olandese, con Ruud Gullit fresco di pallone d'oro e Marco Van Basten.
Maradona ha incarnato la rivalsa di Napoli - e probabilmente un po' di tutto il Sud Italia - portandola a competere contro chi la riteneva una città di "terroni terremotati". Si è fatto portavoce delle ingiustizie territoriali, delle discriminazioni subite da un popolo, il suo, che oggi gli riconosce il giusto riconoscimento.