Natale senza vacanze o Natale come non ci fosse un domani? Prima che ce lo dica un governo o un medico o un Tg cosa fare o non fare, è questa scelta che ciascuno, più o meno consapevolmente, deve fare, anzi sta già facendo in questi giorni.
Natale senza vacanze - Alla fine a questo di si riduce e così si riassumono tutte le rinunce individuali per tenere basso il contagio collettivo. Senza vacanze, senza andare in un altrove da casa in vacanza perché muoversi vuol dire contatti e moltiplicazione dei contatti. Senza sci e neve, non per sempre ma per un Natale. Niente due tre giorni all'estero o a trovare parenti e amici in un'altra città e approfittarne per fare turismo. Niente cenone plurifamiliare e niente veglione di capodanno. Natale senza vacanze, può il cittadino medio e comune accettare l'idea e sostenerne il peso? Ce la faranno, ce la farebbero i nostri eroi della vita quotidiana a stare un Natale, un Natale niente meno intero e tutto, senza vacanza e relativi viaggi?
Natale come non ci fosse un domani - L'alternativa alla grande privazione è un Natale come non ci fosse un domani. L'alternativa è la grande negazione più o meno mascherata e truccata da grande ottimismo e perfino da grande realismo. Natale come non ci fosse un domani perché è noto, visto, sperimentato e documentato. Cosa? Che se Natale è viaggi più vacanze più cenoni e feste il domani c'è e arriva subito. Arriva già dopo l'Epifania con la prima risalita dei contagi e poi conti morti e ricoverati in crescita fino a marzo. Si è fatta estate come se non ci fosse un domani. Chi vuol rifare la stessa scelta almeno non dovrebbe poi dire: non sapevo, non immaginavo...Natale come non ci fosse un domani è il bis consapevole dell'estate. E cosa fare o non fare a Natale non dovrebbe dircelo un governo o un telegiornale, dovremmo a questo punto sceglierlo e saperlo liberamente da soli.
Tanto muoiono deboli e sfigati...- A sostegno del Natale come non ci fosse un domani concorre e cresce un pensare che sfoggia se stesso come un pavone sfoggia piume di brillante realismo. E cosa dice il realismo magico? Dice in sostanza che di Covid muoiono i già deboli e gli sfigati. Quindi letteralmente non vale la pena, non conviene, materialmente non conviene sacrificare tutti gli altri per deboli che morirebbero comunque e un po' di sfigati che vanno in ospedale o al cimitero.
Realismo magico perché attraverso questa rimozione da sé della pandemia si realizza magicamente l'annullamento della pandemia e quindi l'inutilità di ogni misura e regola anti contagio. Realismo magico perché il soggetto portatore, propugnatore e divulgatore del tanto muoiono i già deboli assume se stesso nel novero dei forti, quelli a cui non tocca. Magico perché si auto infonde immunità.
Ma interessante e significativo, anzi sbalordente e rivelatore è il meccanismo culturale che sottende e presiede alla auto collocazione tra coloro non già deboli e non sfigati. È un meccanismo noto e non conforta riconoscerlo anche qui anche ora nei suoi tratti abituali nella storia umana. È il meccanismo puro-impuro. Cioè equazione tra purezza e forza e impurità debolezza. Con corollario: impuro cioè inutile cioè sacrificabile e invece puro e forte da proteggere da zavorra impuro e debole.
Non farne una tragedia di 52mila morti (finora) perché tanti di loro sarebbero morti comunque di lì a qualche mese, massimo anno, è l'espressione più pura del diritto alla vita parametrato al grado di purezza.
Non farne una tragedia suppone ovviamente che non tocchi a te o a uno dei tuoi cari. Quindi i parenti dei 52mila non si lagnino troppo, quanto gli restava da vivere a i loro cari morti? Suvvia dicono i realisti: in fondo erano mozziconi di umani.
Mozziconi di umani, mozziconi che si stavano consumando, erano vecchi e malati gran parte dei 52mila morti (finora) italiani e del milione e mezzo di morti per Covid sul pianeta. E quei pochi che non erano già mozziconi a fine corsa, quei relativamente pochi morti di Covid anche se giovani e sani...sfigati. Cen'è sempre un po' di sfigati, che vuoi farci.
Attardare, azzoppare, infastidire, danneggiare i non mozziconi, gli uomini interi, per tenere in vita, breve ma costosissima ancora, i mozziconi? No, non vale la pena. Non vale la pena economica e non si intralcia con questa zavorra il cammino di una popolazione. O il destino di un popolo? Non farne una tragedia se si spengono mozziconi di umani, magari in massa. Sì, questo realismo antropologico, questo pragmatismo economico-genetico non è nuovo nella storia degli umani.
Lucio Fero