Il Fair Labor Standard Act è una legge degli Stati Uniti che risale addirittura al 1938. Di cosa si tratta? Garantisce quello che viene definito 'salario minimo' ai lavoratori, ma anche lo straordinario a chi lavora oltre le 40 ore settimanali. E se si viola questa legge negli States non si scherza proprio. E non ci vuole poi nemmeno troppo tempo per vedere risolte le controversie. Infatti proprio prima di Natale è toccato a Eataly, il grande gruppo alimentare italiano fondato da Oscar Farinetti, popolare in tutto il mondo e in particolare negli USA, accettarne le conseguenze, per violazioni accadute nelle sedi di New York, Flatiron e Financial District. Eataly infatti ha accettato di risolvere una causa collettiva, una class-action, che era stata intrapresa dai propri dipendenti, pagando una cifra che sfiora i 2 milioni di dollari, per essere precisi $1.887.500. Era stata presentata il 29 novembre 2017 e ne potranno sfruttare gli effetti, quindi essere pagati, tutti i dipendenti che hanno lavorato nei due megastore tra il 29 novembre 2011 e il 4 novembre 2020.
Che cosa era successo in realtà? Nella causa presentata si affermava che "Eataly ha violato la legge sul lavoro di New York e il Fair Labor Standards Act omettendo di pagare le retribuzioni per tutte le ore lavorate in seguito a una politica di riduzione delle ore di lavoro, senza fornire un salario adeguato omettendo di rendere note dichiarazioni salariali adeguate". Inoltre i querelanti hanno affermato che erano istruiti regolarmente "a svolgere lavori non retribuiti fuori dagli orari stabiliti. Insomma straordinario non pagato. Qualche mese dopo la presentazione della causa, nel 2018 la stessa è stata trasformata, quindi certificata, come 'class-action'. "I querelanti - aveva dichiarato il giudice Katherine B. Forrest - hanno sufficientemente dimostrato che specifici supervisori e/o manager di Eataly hanno violato gli statuti pertinenti impegnandosi nel 'time shaving' (si tratta di cancellare ore di lavoro effettivamente lavorate al fine di diminuire la busta paga ndr) e in altre pratiche illegali".
Ex dipendenti di Eataly avevano poi testimoniato su altre situazioni che si verificavano all'interno dei due megastore in particolare anche ad altre operazioni, come party in differenti locali, ma con l'impiego dei lavoratori di Eataly. "Fanno soldi su soldi - aveva dichiarato uno dei querelanti - poi però risparmiano sul lavoro". Nel 2020 Eataly aveva messo in atto anche il Paycheck Protection Program che prevedeva la riassunzione di dipendenti a salari però inferiori. Tra le prove anche una e-mail di Raffaele Piarulli, vice presidente esecutivo di Eataly per il Nord America, nella quale si indicava che i dipendenti "avrebbero potuto aderire al programma o dimettersi definitivamente dalla propria posizione". E in tanti non hanno avuto altra scelta che accettare il posto di lavoro a paga inferiore, in particolare poi durante il difficilissimo periodo della pandemia. Nelle tante pagine che compongono la causa presentata, altri incidenti accaduti all'interno dei due megastore, in particolare le minacce di licenziamento a un dipendente che si era assentato per motivi di salute, presentando regolare certificato medico. Tutte situazioni inaccettabili che hanno portato alla denuncia le cui richieste alla fine sono state accolte dal grande gruppo.
"Neghiamo tutte le accuse - ha dichiarato Lisa Serbaniewicz portavoce di Eataly - neghiamo qualsiasi illecito e non ammettiamo nessuna responsabilità. E mentre sosteniamo che tutti i dipendenti sono stati pagati per tutte le effettive ore lavorate, abbiamo deciso di dare la priorità alla risoluzione della causa e di conseguenza abbiamo risolto la questione". Innocenti, ma paghiamo: questa la filosofia di Eataly che ha preferito chiudere con la firma di un cospicuo assegno una situazione che sicuramente ha gettato un'ombra sulla gestione dei megastore di New York, che poi sono la punta della grande catena alimentare negli Stati Uniti. Attualmente nel Nord America sono 8 i mega store presenti: oltre alla coppia di New York, ci sono Chicago, Boston, Los Angeles, Las Vegas e il recente aperto a Dallas per gli Stati Uniti con l'aggiunta del Canada a Toronto.
Roberto Zanni