di Alessandro​ Camilli

 

Sono “uomini speciali” e “patrioti” gli assalitori del Congresso Usa secondo il presidente Donald Trump. Il quale, dopo gli scontri, i morti e lo stupro del simbolo della democrazia a stelle e strisce continua a gettare benzina sul fuoco. “E’ solo l’inizio della nostra lotta per rendere l’America di nuovo grande”.

 

Lotta ora portata avanti da un’esercito che è diventato movimento politico, vero risultato della presidenza Trump. Che è riuscita dove Lindbergh e Rockwell fallirono.

 

Si è indignato il mondo assistendo alle immagini in arrivo da Washington. Regalando anche qualche frammento di grottesco nei tweet allarmati per la tenuta delle democrazia Usa da parte di regimi che con la democrazia poco o nulla hanno a che fare. Ma c’era da aspettarselo, anzi era un punto d’arrivo naturale, scontato, la violenza vista nelle ultime ore.

 

Fisiologico approdo della politica e della condotta del presidente uscente. Da sempre, da subito Trump aveva detto chiaro e tondo che no, non avrebbe riconosciuto la vittoria degli avversari e che se non fosse stato lui a vincere, sarebbero state allora elezioni truccate. Lo aveva detto e lo ha fatto, continuando ad opporsi oltre logica e diritto, chiedendo sino all’ultimo di trovare voti per lui al governatore della Georgia e al vicepresidente Pence di interferire nei lavori del Senato.​

 

E ha continuato, scientemente, a farlo aizzando la piazza che dopo le sue parole si è messa in marcia sul simbolo delle democrazia americana. Una piazza che prima di Trump era dispersa in mille rivoli, sostanzialmente virtuale, e che nei 4 anni di presidenza del tycoon si è compattata, riconosciuta, trasformata.

 

La gente di Trump: proud boys, Qanon, nazisti Illinois… -​

 

​ “Trump non è solo Trump, è ormai un movimento” ha detto il capo dei proud-boys, uno di quei tanti rivoli divenuto colonna di questo movimento. Un esercito composto dagli appena citati proud-boys, i nazisti dell’Illinos immortalati nei Blues Brothers ma senza l’ironia del film. Ragazzoni ipernazionalisti con un insano amore per le armi, le mimetiche e le bandiere della Confederazione e dall’ideologia QAnon.

 

Ideologia di cui il cornuto a torso nudo immortalato da mille foto nel Campidoglio americano è lo “sciamano“. Letteralmente. Ideologia secondo cui esisterebbe un complotto in cui i potenti del mondo, dai Clinton all’immancabile Soros passando per gli attori di Hollywood, deciderebbero le sorti del mondo davanti a menù antropofagi e prima di darsi alla pedofilia.

 

Un complotto di origine diabolica, ordito da Satana in persona, di cui farebbe parte anche Papa Francesco, il falso Papa. Questo che 4 anni fa era folklore, la pancia profonda dell’America o il malcontento non intercettato dai partiti secondo le diverse descrizioni, è ora un movimento politico coeso, riconosciuto, in grado di dimostrazioni di piazza che mettono in ginocchio la più grande democrazia del mondo e con un leader, carismatico e riconosciuto a sua volta. Un movimento che in diversi momenti della storia americana già qualcuno aveva cercato di mettere insieme.

 

Prima Lindbergh, poi Rockwell - Prima il leggendario Charles Lindbergh, aviatore di fama mondiale con mai celate simpatie naziste, e poi George Lincoln Rockwell, fondatore e comandante del partito nazista americano rimasto, sino ad ora, una macchia di colore nero fuori dalla politica americana. Ora però anche Trump jr. lo ha capito e detto chiaramente, questa è la nuova politica e il partito repubblicano dovrà adeguarsi.

 

“Anche se sono totalmente in disaccordo con i risultati delle elezioni, e i fatti mi danno ragione, ci sarà comunque una transizione ordinata il 20 gennaio” ha detto Trump subito dopo la ratifica dell’elezione di Biden. “E’ la fine del più grande mandato della storia presidenziale, ma è solo l’inizio della nostra lotta per rendere l’America di nuovo grande”. La democrazia americana ha il suo nuovo, vero, grande avversario.