di Bruno Tucci
Pd e M5s nella bufera. Nemmeno la nomina dei 39 sottosegretari ha placato le frizioni (eufemismo) tra gli alleati di governo e all’interno degli stessi due partiti. Anzi, se possibile, le ha aumentate. Primo: per la delusione degli esclusi. Secondo: per la fragilità di un esecutivo in cui le troppe anime che lo compongono, hanno difficoltà a trovare un minimo comune multiplo.
Certo, lo hanno fatto nella speranza che in questo modo la pandemia possa essere sconfitta. Ma al dunque quando si tratta di mettere d’accordo opinioni totalmente diverse il patto scricchiola e rischia di rompersi.
Le prime crepe sono già affiorate soprattutto perché nei due partiti che formavano la vecchia maggioranza, e cioè Pd e 5Stelle, sono scoppiate vecchie e nuove lacerazioni che rendono difficile la coabitazione.
Nei democratici ad essere entrato nell’occhio del ciclone è proprio il segretario. Il quale sente vacillare la sua poltrona. E tenta di placare gli animi con la promessa di un congresso che dovrebbe tenersi, forse, nella tarda primavera (virus permettendo).
La protesta delle donne del Pd - Le polemiche sono cominciate a divampare non appena il governo Draghi ha giurato e ottenuto la fiducia dalle due Camere. Di che cosa si era reso responsabile il numero uno del partito? Di avere dimenticato le donne. Nessun ministro al femminile in un partito che ha sempre predicato la parità di genere.
Non è stata debole la protesta. Prima delle donne del Pd, naturalmente. Ma anche da parte dei maschietti che, esclusi dalla squadra di Draghi, hanno colto l’occasione al volo per far sentire la loro voce. Qualcuno si è convertito all’”aperturismo”. Cioè si è trovato d’accordo con Salvini per allargare le maglie della chiusura predicata dagli scienziati. Zingaretti non c’è stato ed a costoro che lo criticavano ha risposto secco: “Noi non siamo la Lega”.
Nemmeno a farlo apposta il segretario ha compiuto un altro passo falso attribuendo a Barbara D’Urso (sentite un po’) il merito di aver avvicinato la gente alla politica. Doppia gaffe. Primo: perché in questo modo ha fatto un gran favore a Silvio Berlusconi. Che è il proprietario di Mediaset, azienda nella quale la conduttrice lavora.
Secondo, perché ha così regalato una patente ad una signora che, pur bravissima nel suo lavoro, con il giornalismo non c’entra assolutamente nulla. Insomma, ora il segretario del Pd è alle corde non solo per il fuoco amico. Ma soprattutto perché i suoi alleati anche del precedente governo storcono la bocca per certe sue decisioni.
Dal Pd al M5s la maretta si espande - Nei 5Stelle, la maretta è ancora più esplosiva. La comitiva che ha preferito abbandonare il grillismo aumenta ogni giorno. “Alternativa c’è” (questo il loro nome) rischia di far perdere voti ad un movimento già pesantemente in crisi per via di un’opinione pubblica che non si fida più delle loro promesse.
La spaccatura è diventata ancora più evidente dopo la nomina dei sottosegretari. Gli esclusi (l’on. Buffagni in testa) hanno tuonato contro il vertice, in primis contro Luigi Di Maio. Che ha definito il movimento “moderato e liberale”.
“Cose da pazzi” ha esclamato qualcuno. Insomma, non si respira un’aria tranquilla in entrambe i casi e questo rende ancora più difficile il cammino di Mario Draghi.
“Presidente devi darti una mossa”, scrive stamane con un titolo a tutta pagina il Riformista. E continua: “Altrimenti fai la figura di Conte”. Per carità, di crisi oggigiorno gli italiani non vogliono sentir parlare. I problemi sono altri: salute ed economia.