Cosa era un'antica città romana, posta sulla sommità del promontorio di Ansedonia, in quella che oggi è la Toscana, provincia di Grosseto. Fu fondata nel 273 a.C.,appena dopo la vittoria sui Vulci e i Volsini al fine di controllare il territorio che era stato sottratto agli etruschi. Cosa, il nome, deriva da Cusia o Cusi, un agglomerato più antico, etrusco che si trovava più in basso, probabilmente dove oggi c'è Orbetello. L'American Academy di Rome da subito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, ha eletto l'antica colonia quale luogo privilegiato delle proprie attività di ricerca che furono iniziate nel 1948 sotto la direzione del professor Frank Brown.
E adesso, per il settantesimo anniversario c'è un progetto che ha riportato Cosa in primo piano. E' partito dalla Florida State University, ateneo della capitale dello stato, Tallahassee, ma che ha un fortissimo accento italiano, e non solo perchè Cosa si trova in in Toscana. Infatti a guidare questa nuova avventura archeologica c'è un docente italiano, Andrea De Giorgi, assistente professore nel dipartimento Classics dell'ateneo statunitense.
Specializzato in archeologia romana, il prof. De Giorgi si è laureato all'Università di Torino e alle sue spalle ha una lunga esperienza sul campo e dietro la cattedra, ha pubblicato libri, uno dei quali proprio sulla antica città romana: "Cosa. Orbetello. Itinerari Archeologici" uscito nel 2016. Ma questo è solo l'inizio perché tra pochi giorni il prof. De Giorgi guiderà, nuovamente, un gruppo di studenti della FSU a Cosa, dove poi vivranno in una ex fortezza, non un albergo, ma proprio lì accanto agli scavi di questa zona archeologica che evidentemente ha un feeling intenso con gli Stati Uniti. FSU infatti ci ritorna dopo che i suoi studenti c'erano già stati nel 2013.
"Questa iniziativa - ha detto Allison Smith, studentessa alla FSU - offre l'opportunità di esplorare l'architettura romana e di comprendere l'estensione della pianificazione, della visione e della sopravvivenza in qui tempi così lontani. Stando a Cosa si può imparare rimanendo uno di fianco all'altro". L'avventura a Cosa durerà per gli studenti della FSU fino a luglio e sarà una opportunità irripetibile, per tutti. "Ho scelto di approfondire le mie esperienze di scavi archeologici a Cosa - ha spiegato ancora Allison - non solo perché si tratta di un lavoro archeologico affiliato con la Florida State University, ma perché ho trovato affascinanti le terme romane molto prima che iniziassi la mia dissertazione che va sui vari processi e reti di costruzioni che erano necessari per costruire i complessi termali pubblici e privati romani dell'Italia centrale. Per me Cosa offre una meravigliosa opportunità per esplorare l'intricata natura dell'architettura termale in un sito rinomato nella storia della archeologia italiana".
Un fortissimo interesse per quello che, a volte in Italia, sembra quasi la normalità, reperti e scavi archeologici, ma che invece gli studenti statunitensi vedono come un momento fondamentale nella loro preparazione. "Cosa è il mio studio principale - ha aggiunto un'altra studentessa, pronta a partire, Ann Glennie - viene confrontato con altri siti del Mediterraneo, ma anche americani. È interessante vedere come i popoli antichi affrontassero i deficit ambientali, come a Cosa dove non c'erano risorse idriche e quale organizzazione civica e o sociale si sia sviluppata per mantenere quei sistemi. Mi ha incuriosito il modo in cui i residenti di Cosa usassero solo l'acqua piovana per le loro necessità".
Cosa Excavations è una partnership tra la FSU e Bryn Mawr College, ateneo della Pennsylvania, che è stata ripresa dal prof. De Giorgi, ex studente proprio del secondo istituto, sotto l'insegnamento di Russell T. Scott che a sua volta era stato un allievo del prof. Frank Brown che nel 1948 aveva cominciato le esplorazioni nel sito archeologico della Toscana. Il complesso termale, i bagni, furono individuati da Brown, ma non vennero mai effettuati scavi in proposito e su questo aspetto si concentreranno le attenzioni degli studenti della FSU. Si vuole scoprire come erano disegnati, la presenza di stanze calde e fredde. "Potevano essere identificabili a seconda del materiale con il quale erano realizzate - ha aggiunto Ann Glennie - per le stanze calde si trattava della presenza di elementi architettonici che fornivano il calore". C'era poi un grande serbatoio all'esterno dove l'acquapiovana veniva incanalata e raccolta per poi essere convogliata attraverso un canale sotterraneo. "Le costruzioni di allora erano realizzate come le nostre spa di oggi - conclude il prof. De Giorgi - che in un certo sono il riflesso di quello che realizzavano i romani all'epoca".
Roberto Zanni