Dalla Redazione
Il Consiglio dei ministri ha varato l’ennesima proroga del “regime temporaneo” per l’esercizio del Golden power, dal 30 giugno al 31 dicembre 2021. Come spiega il comunicato stampa del Governo, le norme in questione “prevedono l’obbligo di notifica alla Presidenza del Consiglio dei Ministri delle acquisizioni, a qualsiasi titolo, di partecipazioni in aziende che operano in settori critici”. I settori critici sono: difesa, sicurezza, infrastrutture, trasporti, comunicazioni, energia, assicurazioni e intermediazione finanziaria, ricerca e innovazione ad alto contenuto tecnologico, pubblici servizi. In tutti questi ambiti, Palazzo Chigi può intervenire su una varietà di operazioni societarie, autorizzandole, bloccandole o assoggettandole a prescrizioni. Addirittura, nel caso del 5G occorre notificare persino la scelta dei fornitori. Mentre nel passato i poteri speciali potevano essere esercitati solo nei confronti di soggetti extra-europei, con la disciplina Covid – seppure a condizioni parzialmente diverse e con qualche limite in più – si estendono anche a soggetti appartenenti all’Unione europa. E, adesso, si parla di un’ulteriore modifica per includere siderurgia e automotive: insomma il Golden power rappresenta una forma di esproprio, una patrimoniale mascherata che non generale gettito per lo Stato ma potere arbitrario per la politica. Intendiamoci: non siamo ingenui. Tutti i Paesi si riservano di intervenire nei settori “strategici”. Ma l’Italia si distingue sia per l’estensione del perimetro di applicazione dei poteri speciali, sia per l’arbitrarietà delle valutazioni, sia per l’inclusione delle imprese europee e l’obbligo di notifica non solo delle acquisizioni di partecipazioni, ma anche di altre operazioni interne alle società. Se il Governo Draghi vuole dare un segnale di cambiamento, deve mettere mano al Golden power e tornare all’approccio della riforma Monti del 2012, che si focalizzava sull’identificazione degli asset critici, anziché dilatare sempre più il novero delle imprese coperte e, anzi, creare una enorme incertezza riguardo quali operazioni vadano notificate e quali no. Ogni giorno che passa, la disciplina di emergenza – ammesso che sia mai stata giustificata, nei termini in cui si è evoluta – ha sempre meno giustificazione e appare sempre più come un esercizio capriccioso del potere pubblico.