Elezioni a luglio, per l’otto di luglio è già troppo tardi, ce la si può fare per il 15 o addirittura il 22 di luglio. Il tempo di bocciare il governo detto di servizio mandato alle Camere da Mattarella, il tempo di sciogliere le Camere, di presentare le liste, i 45 giorni di campagna elettorale e siamo a metà-fine luglio. Dunque il 15 o il 22 luglio come vogliono, anzi esigono, sia Di Maio che Salvini con contorno di Meloni. Bene, elezioni a luglio.
Se così sarà, quanti elettori in meno? Quanta gente non andrà a votare se si vota in pieno luglio, cosa non a caso mai successa in settanta e passa anni di storia della Repubblica? Al netto di coloro che già oggi dicono la prossima volta non ci vado e lo dicono per stanchezza e fastidio, poi magari a votare ci vanno, al netto di un eventuale incremento di astensione da… stanchezza civica, quanti elettori in meno perché è luglio? Milioni, decisamente milioni di elettori in meno.
Secondo statistiche relative al 2017 a metà luglio erano in vacanza circa tre milioni di famiglie. Quindi le vacanze, magari già organizzate e in parte pagate. Tre milioni di famiglie, almeno sei milioni di votanti. Facciamo che la metà torna, interrompe, fa di tutto per votare. Restano tre milioni di voti in meno. E poi i lavoratori stagionali, quelli che a luglio lavorano fuori dalla residenza abituale, chi sia in Italia o all’estero. Difficilissimo calcolare, ma almeno un milione, un altro di votanti in meno. Dunque, al minimo, se si vota a luglio quattro milioni di votanti in meno. Cioè il 10 per cento circa degli aventi diritto al voto. Cui aggiungere gli sfiniti, quelli che non voteranno per sfinimento politico-elettorale.
Ma la cosa non sembra turbare né Salvini né Di Maio, entrambi convinti di arrivare al 40 per cento dei consensi. Con tutta evidenza almeno uno dei due si sbaglia. Oppure elezioni a settembre, come sembra suggerire Berlusconi. Votando a fine settembre si evitano gli almeno quattro milioni di elettori in meno. Ma c’è un costo sicuro. Votare a settembre ci costa 12 miliardi. Almeno 12 miliardi. Voto a fine settembre, insediamento delle
Camere, formazione del governo… Non si fa, non c’è nessun tempo per redigere,
votare e e rendere operativa una legge di bilancio che eviti all’Italia lo scatto dell’Iva al 24 per cento, appunto i 12 miliardi.
L’Iva aumenta automaticamente perché da accordi internazionali anni fa ci impegnammo come paese,in cambio di aiuti e sostegni, a ridurre deficit e debito con gradualità annuale.
Altrimenti clausola salvaguardia. Salvaguardia se non avessimo mantenuto gli impegni.
Eccoci: se non c’è una legge di bilancio che trova altrimenti quei 12 miliardi l’aumento Iva scatta. Dodici miliardi non sono noccioline, ma rischiano di non esaurire il costo di elezioni a settembre. Mattarella l’ha detto chiaro e tondo: speculazione finanziaria, rischio crisi finanziaria. Più che rischio,quasi un annuncio, quasi un automatismo tra crisi finanziaria e un paese che sta un anno intero in campagna elettorale, in campagna di reciproca delegittimazione e all’insegna del se non governo io non è democrazia e democrazia è solo se governo io.
Ma sia Salvini che Di Maio ritengono che ok, il prezzo è giusto. Qualunque prezzo, qualunque costo pur di “affrontare i problemi dei cittadini e dare loro le risposte che attendono”. Ecco, una cosa è sicura: elezioni a luglio o a settembre di problemi ai cittadini ne porteranno nuovi e grossi. Quanto alle risposte, c’è il fortissimo rischio per i cittadini di accorgersi in maniera brusca che le domande erano sbagliate.