Facevano sistema. Ne è conseguita la costituzione di una rete. La rete del "sistema Amara". L'avvocato palermitano, più che altro faccendiere di alto bordo, dall'esistenza opaca, nel senso delle porcherie pensate e completate in ambito di gruppi industriali e toghe versate anch'esse nella corruzione.
L'inchiesta della Procura di Potenza ha portato all'arresto dell'ex legale esterno di Eni e dell'ex collaboratore della Casellati, Filippo Paradiso. Nelle carte dei pm sono chiari i rapporti con la presidente del Senato e i parlamentari Boccia e Lotti (ancora lui, immancabile in svariate inchieste), entrambi però non indagati. "Mai incontrato l'avvocato siciliano, i fatti non corrispondenti al vero", si è affrettata a chiarire Elisabetta Casellati.
L'avvocato Piero Amara era operativo anche a Taranto. Collezionava incarichi, assommava consulenze, sceglieva gli esperti che avrebbero dovuto affiancare la locale Procura nelle indagini. Anche questo, tutto quanto, emerge dall'inchiesta della Procura di Potenza. Ed è così che è finito in carcere l'uomo al centro di alcune inchieste che rendono inquieti alcuni palazzi di giustizia con le ultime rivelazioni sulla ormai famosa Loggia Ungheria.
Favori ad amici e fascicoli aggiustati. Con l'avvocato palermitano è finito in carcere anche Nicola Nicoletti, in passato consulente di Eni, poi alla struttura commissariale di Ilva e As. La squadra mobile di Taranto coordinata dal procuratore Francesco Curcio ha scoperchiato un pentolone dal contenuto maleodorante. Un giro di affari che ruotava intorno all'ex procuratore di Taranto, Carlo Maria Capistro. Per lui viene disposto l'obbligo di dimora. Avrebbe posto la sua funzione di capo della Procura al servizio di una cerchia di amici, non solo dell'avvocato Amara. Viene fuori anche il nome di Giacomo Ragno, già condannato a Lecce per l'inchiesta sulla giustizia svenduta a Trani in concerto con gli ex magistrati Michele Nardi e Antonio Savasta. Il Ragno ha avuto incarichi legali di comodo che gli avrebbero fruttato in due anni 270mila euro.
Fatto gravissimo, Caro Maria Capistro è accusato di "aver insabbiato anche le indagini sui morti dell'Ilva". Il primo riguarda il sequestro del nastro trasportatore dove morì l'operaio Giacomo Campo. Il secondo episodio racconta la concessione della facoltà d'uso dell'Altoforno 2, l'impianto nel quale trovò la morte Alessandro Morricella.
Da Potenza ribadiscono che il pm era "a disposizione del gruppo". La rete che ha avuto in Amara il grande tessitore. Secondo le accuse, Capistro e i suoi amici si scambiavano favori personali, sempre prevalenti rispetto al "diritto di sicurezza degli operai Ilva, costretti a lavorare in reparti, come l'Afo ", che non erano sicuri. E nei quali due operai avevano perso la vita. Pura farabuttagine al massimo livello di protervia e cinismo.
Perverso e pericolosissimo viene definito il "sistema Amara". L'ordinanza di arresto è decisamente illuminante. L'ex legale esterno di Eni e Ilva rivelatore alla Procura di Milano l'esistenza di una loggia massonica (per ora presunta) denominata Ungheria, con lo scopo principale di inquinare l'attività della magistratura e condizionarne le nomine. Un sistema perverso portato a truccare tutto quanto nell'ambito della magistratura. Il fascicolo sulla presunta esistenza della loggia Ungheria è stato trasmesso a Perugia.
Scrive l'accusa: "Il magistrato corrotto Capistro, la cui nomina a Taranto fu sponsorizzata da Amara e Paradiso, funzionario questi del ministero dell'Interno dedito a curare, previa retribuzione, le relazioni pubbliche di Amara". Il conto gestione di Paradiso, con il suo stipendio ministeriale, è da due milioni di euro. "Proprio Letta mi sollecitò di farlo entrare nel mio staff", si è premurata di precisare Elisabetta Casellato, interrogata come persona informata sui fatti.
Tra le molteplici amicizie e conoscenze di Amara si distingueva l'onorevole Francesco Boccia. Ma c'erano anche ex ministri, parenti di importanti uomini politici, imprenditori di corposo livello. Senza contare le innumerevoli conoscenze nel mondo della magistratura e di servizi di sicurezza. "Un importante tassello del mosaico indiziario", secondo il gip. Boccia, non indagato, viene coinvolto anche nella sponsorizzazione di Capistro. "Mi venne richiesto da Capistro o forse da Paradiso di avere informazioni sulla procedura di nomina da parte del Csm per il Procuratore di Taranto". Boccia chiese informazioni a Paolo Balducci. Capito il livello di questa gente?
Il fascicolo sul presunto complotto aveva lo scopo di "depistare le indagini milanesi". Secondo il magistrato Giancarlo Longo, la trasmissione degli atti era legata a un obbiettivo di Capristo, anche lui grande mestatore. "Molto interessato al posto di Procuratore di Firenze", ha spiegato Amara al Procuratore Generale di Firenze. Dove il Capistro si sarebbe occupato (con l'intento di risolverli alla maniera che sappiamo) dei problemi giudiziari di Verdini. "Una vicenda che è stata puntualmente riscontrata", passa e chiude l'Ufficio di Firenze.
Amara tirava tutti i fili di un mondo fatto di compiacenze, favori e forti interessi economici. L'avvocato ha confessato il proprio ruolo nell'ambito del sistema da lui posto in essere alla Procura di Messina. Inquinando la verità processuale. Si è lasciato andare in omissioni e bugie. Il sistema Amara-Paradiso è in grado di schiacciare il sistema Palamara. Particolari, dettagli, fatti, svelati dal procuratore Curcio. Compreso il falso fascicolo del presunto complotto ai danni dell'ad dell'Eni, Claudio De Scalzi, istruito a Siracusa nel 2016.
Intrighi, imbrogli, che per caso, l'ineffabile Amara riesce a conoscere anche Tiziano Renzi, papà di Matteo. Serie di reati a parte, l'avvocato è indagato a Milano per la violazione della legge Anselmi. A Roma ha già patteggiato una condanna per corruzione in atti giudiziari. Mentre nel capoluogo lombardo è indagato sul "falso complotto ai danni dell'ad di Eni De Scalzi.
Davvero niente male come palmares di grande imbroglione. Un vero campione, lui e quelli della sua squadra.
di Franco Esposito