Morire è una cosa molto semplice. Ho guardato la morte e lo so davvero. Se avessi dovuto morire sarebbe stato molto facile. Proprio la cosa più facile che abbia mai fatto... E come è meglio morire nel periodo felice della giovinezza non ancora disillusa, andarsene in un bagliore di luce, che avere il corpo consunto e vecchio e le illusioni disperse.»
Cosi scriveva 50 anni fa il grande Ernest Hemingway pochi istanti prima di suicidarsi con un colpo di fucile in testa il 2 luglio del 1961 nella sua abitazione di Ketchum nell'Idaho. Era stato dimesso pochi giorno prima dall'ultimo degli innumerevoli ricoveri per depressione e allucinazioni. Dopo tre giorni, nella piccola chiesa di "Our Lady of the Snow" (Nostra Signora delle Nevi) vennero celebrate le onoranze funebri alla presenza dei tre figli e di pochi intimi amici. Il suo corpo ebbe sepoltura nel cimitero di Ketchum in Idaho.
Il grande scrittore statunitense inizia la sua carriera negli anni Venti, quando, di ritorno dal fronte della Prima guerra mondiale, si trasferisce a vivere a Parigi. Hemingway conduce una vita irrequieta, descritta in "Fiesta", e segnata da crisi depressive. E' testimone della guerra civile spagnola, schierandosi dalla parte repubblicana e anti-franchista.
Si sposa 4 volte, viaggia molto e vive tra Parigi, la Spagna e Cuba. Tra le sue opere più famose: "Addio alle armi", "I 49 racconti", "Morte nel pomeriggio", "Per chi suona la campana", "Il vecchio al mare".
Nel 1954, Hemingway viene insignito del Premio Nobel per la Letteratura per The Old Man and the Sea (Il vecchio e il mare), ma non fu in grado di viaggiare fino a Stoccolma per la cerimonia del 10 dicembre, così il premio fu ritirato dall'ambasciatore John Cabot. Si dice che quando gli portarono il premio lo scrittore commentò «Troppo tardi».