Liam Gallagher, l'ex leader degli Oasis, ha iniziato a scriverlo su Twitter sin dalla prima partita giocata dall'Inghilterra in questo Europeo, la faticosa vittoria con la Croazia per 1-0 firmata da Sterling. "It's coming home" è stato il breve messaggio della popstar, grande tifoso del Manchester City ma, come da tradizione inglese, prontissimo ad accantonare qualsiasi rivalità quando gioca la Nazionale dei Three Lions. Persino quella con gli acerrimi avversari dello United, che a Manchester divide anche il mondo della musica (un esempio per tutti? Mani, bassista degli Stone Roses, fra i gruppi più ammirati dai fratelli Gallagher in gioventù è un accanitissimo tifoso dei Red Devils).
Ma cosa significa "It's coming home"? E perché gli inglesi continuano a ripeterlo - lo stesso Liam Gallagher ha bissato il tweet dopo il successo contro l'Ucraina nei quarti - a ogni vittoria della loro Nazionale, arrivata alla semifinale in questo Europeo, match da giocare in casa a Wembley contro la Danimarca mercoledì 7 luglio? E qual è la canzone che ha queste parole nel testo, intonata fra stadi, piazze e pub, rigorosamente con una pinta di lager o stout in mano?
La canzone: quando è stata scritta e che cosa significa
Ormai è nota come "It's coming home", ma il titolo originale del brano che sta unendo i tifosi dell'Inghilterra, nella speranza che il calcio "torni davvero a casa" (questo il significato letterale di "It's coming home"), è "Three Lions". Testo e musica sono stati scritti nel 1996, l'anno in cui l'Inghilterra ospitò proprio gli Europei, la prima volta nell'isola di una grande manifestazione per Nazionali dal Mondiale del 1966, l'unico vinto dagli inglesi, in finale contro l'allora Germania Ovest per 4-2. La musica è opera di Ian Broudie dei Lightning Seeds, band indie pop conosciuta solo dagli intenditori qui in Italia ma che in Gran Bretagna ebbe un buon successo a cavallo fra gli anni '80 e '90. Il testo, invece, fu scritto da due famosi comici britannici, Frank Skinner e David Baddiel.
Il pezzo venne promosso come inno ufficiale del calcio inglese per quella edizione degli Europei, una tradizione del football di oltre manica, che nel corso degli anni ha visto misurarsi in interpretazioni non sempre a fuoco anche numerosi calciatori. Il testo doveva rappresentare un buon auspicio: così come nel 1966 la Nazionale riuscì ad alzare la Coppa Rimet nella manifestazione organizzata, la speranza era che Gascoigne e compagni potessero ripetersi nel 1996.
Purtroppo per gli inglesi quell'augurio era destinato a rimanere solo un sogno. A fermare la Nazionale guidata da Terry Venables fu proprio quella Germania - stavolta unificata - che si dovette inchinare nel 1966. I tedeschi batterono i leoni in semifinale ai rigori, secondo il ben noto motto reso "immortale" proprio da un giocatore inglese, il bomber Gary Lineker, secondo il quale il calcio "sono 22 uomini che rincorrono il pallone per 90 minuti. E alla fine vince la Germania". In questo caso furono 120 i minuti, ma la maledizione sembrava destinata a restare appiccicata a vita alle maglie candide dell'Inghilterra. Fino a questi Europei, quando Sterling e compagni hanno steso i tedeschi negli ottavi di finale
Cosa dice il testo
Il testo è un'altalena fra i brutti ricordi accumulati in campo calcistico dal popolo inglese nei 30 anni passati fra il 1966 e il 1996 - i "thirty years of hurt", trent'anni di sofferenza - e le speranze per la rinascita che avrebbe dovuto celebrarsi con l'Europeo di casa ("never stopped me dreaming", i tifosi non hanno mai smesso di sognare). "So many jokes", così tante barzellette, quelle sorte intorno alla cattiva sorte della Nazionale inglese ma anche alle sue prestazioni francamente dimenticabili nei grandi tornei oppure a quegli "oh so nears", ovvero tutte le volte che l'Inghilterra ci arrivò davvero vicina a vincere qualcosa, come per esempio nel 1990 al Mondiale italiano, quando fu superata ai rigori - ancora - dalla Germania.
La storia calcistica inglese, però, resta costellata di momenti indimenticabili, legati soprattutto allo spirito mostrato in campo. E la canzone "Three Lions" ne ricorda parecchi. C'è il "tackle by Moore", che immortala la tipica azione difensiva di Bobby Moore, il capitano dell'Inghilterra mondiale del 1966, stella del West Ham United. O, ancora, sempre con riferimento a quell'edizione del campionato, "Nobby dancing", un omaggio a Nobby Stiles, mediano dell'Inghilterra e del Manchester United, prototipo del giocatore roccioso e irruento (giocava con una protesi dentaria per un colpo subito da bambino), inglese 100%, che si abbandonò a una festa sfrenata dopo il successo in finale con la Germania. E, ancora, "England have done it, in the last minute of extra time", una frase che porta alla memoria la rete segnata contro il Belgio nei minuti conclusivi degli ottavi di finale a Italia '90 da David Platt, la mezzala vista in Italia con le maglie di Juventus, Sampdoria e Bari. Quel gol all'ultimo respiro permise alla Nazionale targata Bobby Robson di assicurarsi un posto nei quarti e di continuare a coltivare il sogno di centrare la finale.
Il finale e il coro
Si chiude sulla strada dell'entusiasmo, inneggiando alla "Gordon Banks save" contro il Brasile nel 1966, una parata sul colpo di testa di Pelè che è considerato il salvataggio del secolo e all'Inghilterra che "couldn't play football", l'Inghilterra che non sa giocare a calcio ma ora - si parla sempre del Mondiale '66 - "have got it in the bag", frase che suona come "ce l'ha in tasca", la Coppa del Mondo. Dall'orgoglio alla speranza, perché "I know it was then, but it could be again", ovvero "so che è accaduto tanto tempo fa, ma può ripetersi".
Non accadde in quel 1996, nonostante la spinta di quel "It's coming home, football's coming home" - "Sta tornando a casa, il calcio sta tornando a casa" - gridato a squarciagola sugli spalti degli stadi inglesi che accolsero le partite dell'Europeo. All'Inghilterra di Shearer, Gascoigne e dell'attuale commissario tecnico Southgate (suo l'errore decisivo dal dischetto contro la Germania in semifinale) la canzone non portò fortuna, ma in seguito fu adottata dai supporter come inno valido per tutte le grandi manifestazioni calcistiche. Anche per il suo significato, come rivelato dal suo autore Broudie, che è quello di "credere sempre" nella propria squadra, a prescindere dai pronostici e dagli accadimenti.Non solo. Ebbe fortuna anche nelle classifiche: nel 1996 - anno passato alla storia come l'estate dorata del brit pop, con Oasis, Blur e decine di altri gruppi che impazzavano in patria e all'estero - arrivò al numero uno in Gran Bretagna, vendendo oltre 100mila copie nella prima settimana dall'uscita (al 2018 il totale è di un milione e 600mila copie vendute). Da allora è stata scaricata oltre 88mila volte, mentre il video è stato visto sulle varie piattaforme in 33 milioni di occasioni. E chissà da quanti milioni di inglesi è stata cantata - o fischiettata - almeno una volta. Niente male per un pezzo che - ha confessato sempre Broudie - i responsabili della FA (la federazione calcistica inglese) "odiarono la prima volta che la ascoltarono". E chissà che stavolta il calcio non torni davvero a casa. Italia permettendo, ovviamente.