di ROBERTO ZANNI
Il mio ricordo più lontano negli anni dei portici di Bologna lo devo a via Santo Stefano: c'era una scritta, impressa sul muro, che parlava dei rifugi della Seconda Guerra Mondiale. Ricordo quella scritta nera, ben visibile, avrò avuto una decina d'anni. Chiesi a mio padre e mi raccontò che lui era lì il 21 aprile 1945 quando gli Alleati entrarono a Bologna. Mio padre, Raffaele, era così orgoglioso della sua città e dei suoi portici e chissà quanto lo sarebbe ora: era nato, lo ripeteva all'infinito, in via Arienti, una stradina del centro di Bologna, quello dove, cantò poi Lucio Dalla, "non si perde neanche un bambino".
Bologna la Grassa, la Dotta, la Rossa (per i tetti e poi nel tempo la politica) e adesso anche (finalmente, dopo una precedente bocciatura) Bologna patrimonio dell'umanità. Lo ha annunciato l'Unesco che ha voluto riconoscere l'importanza storica, sociale, della vita di qualsiasi bolognese: i portici patrimonio dell'umanità, perchè il portico a Bologna rappresenta tutto quello che hai dentro. Sì abbiamo le Due Torri, Asinelli e Garisenda, abbiamo i tortellini, San Luca e l'Archiginnasio, l'Università più antica del mondo. Ma i portici... Un patrimonio culturale oltre che architettonico, un simbolo assieme alle Due Torri ovviamente.
Non esiste al mondo una città che abbia così tanti portici come Bologna: sono 38 chilometri e soltanto nel centro storico, che diventano poi 62 aggiungendo quelli fuori porta (Bologna, la città medioevale, era cinta da mura con 12 ingressi, porte, delle quali oggi ne restano 10) anche se per il riconoscimento dell'Unicef ne sono stati presentati solo 12 tratti secondo un criterio di rappresentatività (compreso il Treno del quartiere Barca, progetto controverso che risale agli anni '50). La storia dei portici bolognesi non è certa, probabilmente cominciarono a formarsi durante il Medioevo, spontaneamente. Incredibile se si pensa che i primi sono datati 1041. Ed è ancora più straordinario il fatto che la massiccia espansione si ebbe partendo dal 1288: allora, si legge nella storia, un bando del Comune stabiliva che ogni nuova casa dovesse averne uno, mentre quelle prive dovevano aggiungerlo. Questo oltre 700 anni fa. E l'aspetto ancora più eccezionale è che i portici sono ancora lì oggi, proteggendo gli abitanti dalle intemperie d'inverno, dal sole d'estate.
Uno dei più celebri è quello di Casa Isolani, portico in legno del XIII secolo, si trova in Strada Maggiore e se si guarda su si possono vedere tre frecce (che poi hanno dato il nome a un celebre ristorante). Appartengono a una leggenda: anzi ce n'è più di una, ma quella maggiormente intrigante coinvolge tre arcieri e una donna. I primi chiamati per punirla in seguito al tradimento nei confronti del marito, ma lei invece di farsi infilzare, si tolse le vesti così i sicari, abbagliati, mancarono il bersaglio e la testimonianza è ancora lì. Portici, dappertutto, ma se si deve nominarne uno come si fa a dimenticare quello del Pavaglione? La passeggiata dei bolognesi, il salotto, il tratto che comprende l'Archiginnasio che fu sede dell'Università: 139 metri e 30 arcate, chiamato Pavaglione perchè prese il nome dall'omonima piazza (oggi Galvani), lì si svolgeva il mercato dei bachi da seta, pavajon, che in dialetto bolognese vuol dire proprio Padiglione.
Ma per trovare quello più lungo del mondo si deve andare a Porta Saragozza: è il portico di San Luca che misura 3.796 metri con 666 arcate, conduce al Colle della Guardia dove si erge il Santuario della Madonna di San Luca che accoglie l'icona della Vergine con il Bambino. Il più largo invece si trova in Strada Maggiore, quello della Basilica di Santa Maria dei Servi, ma il più alto, quasi dieci metri, è del Palazzo dell'Arcidiocesi in via Altabella mentre il più stretto, appena 95 centimetri, in via Senzanome che un tempo era via Sozzonome. Che bella Bologna.