di Franco Esposito
Una giungla. Un Far West. Un mondo che opera al di fuori della legge. Libero di fare come gli pare. Soprattutto come gli conviene. Il saccheggio sistematico online, destinato però a fermarsi qui. Le piattaforme dovranno pagare, è pronta una stretta del Governo sul copyright. Sì, dovranno mettere fuori i soldi; gratis e liberi non sarà più possibile. Le piattaforme saranno obbligate ad adeguarsi: già approvato il decreto legislativo che recepisce la direttiva europea sul diritto d'autore. Ha provveduto il Consiglio dei ministri.
L'indicazione europea incide sul diritto d'autore nel mercato unico digitale. Il pallino passa ora al Parlamento, chiamato ad esprimersi sulla proposta del Consiglio dei ministri. Il testo tornerà poi al Cdm per l'approvazione definitiva e la conseguente adozione o applicazione. La pacchia, per le piattaforme, è praticamente finita.
Il decreto legislativo è una mano santa per gli editori dei giornali. Stabilisce l'obbligo delle piattaforme, inclusi i social network, che ne utilizzano i prodotti a scopo di lucro, di versare un'equa remunerazione . Ma non è tutto, c'è 'altro di particolarmente interessante nel decreto che mira finalmente alla tutela degli editori: è garantito infatti il diritto degli autori dei contenuti giornalistici di ricevere una quota dei proventi attribuiti agli editori.
Fioriscono intanto gli interrogativi. Soprattutto uno, ma non riguarda il contenuto del decreto e la sua certa efficacia e incisività. Punto di domanda: a quanto ammonterà l'equo compenso? L'attesa di conoscere è la grande sorella della curiosità. Il compito di stabilire il quantum sarà di competenza dell'Agenzia delle Comunicazioni. Toccherà a lei il compito di redigere un regolamento finalizzato all'individuazione dei criteri di base per orientare la negoziazione fra le parti.
Viene anche introdotto l'obbligo di informazione a carico dei prestatori di servizi online. Un aspetto, questo, di fondamentale importanza. Un obbligo destinato a trasformare completamente quella che attualmente può essere definita come una vera e propria giungla. I prestatori di servizi online devono mettere a disposizione della parte interessata “ogni dato idoneo a determinare la misura dell'equo compenso”.
L'AgCom vigilerà in particolare su questo adempimento. In caso di mancata comunicazione dei dati, sarà tenuta a infliggere alla piattaforma online una multa fino all'uno per cento del suo fatturato. In casi specifici, le piattaforme online saranno esentate dall'obbligo di ottenere l'autorizzazione e di riconoscere un compenso ai titolari dei diritti d'autore. Le eccezioni riguardano le enciclopedie online, i repertori didattici e scientifici, i prestatori di mercati online e i servizi cloud.
Il diritto non è riconosciuto neanche in caso di utilizzi privati o non commerciali di pubblicazioni giornalistiche da parte di singoli utilizzatori. Nè in caso di collegamenti ipertestuali o di utilizzo di singole parole o di estratti molto brevi. La questione relativa ai cosiddetti estratti brevi può suscitare polemiche. Il motivo? La direttiva europea non sembra contempli anche questa eccezione. La questione appare infatti controversa.
Approvata anche una norma per cui la quota obbligatoria di investimento in opere audiovisive italiane ed europee prodotte dai fornitori di servizi di media digitali a richiesta. Come ad esempio Netflix, quota attualmente fissata al 12,5%, elevabile al 20%, viene progressivamente innalzata secondo un meccanismo di progressione temporale. La quota viene infatti fisssata al 17% fino al 31 dicembre 2013, al 22,5% dal primo gennaio 2024 e al 25% dal primo gennaio 2025.
Il decreto non trascura un aspetto oggetto di continue discussioni, accuse, polemiche. Quello dell'affollamento pubblicitario per i soggetti televisivi. I limiti diventano molto più flessibili, applicati su due fasce orarie giornaliere. Il concessionario di servizio pubblico avrà un affollamento massimo del 7% nel 2022 e del 6% dal primo gennaio 2023. I servizi lineari, non a richiesta, a pagamento 15% e servizi lineari non a pagamento andranno al 20%. Nessuna variazione è prevista per le televisioni locali: il tetto resta invariato al 25%.
Il Consiglio dei ministri si è dovuto muovere sotto la spinta della Commissione di Bruxelles. Giorni fa, la commissione aveva messo in mora l'Italia, insieme ad altri Pesi europei. Preciso il motivo: inadempienza della direttiva europea che obbliga gli Stati a riconoscere e remunerare il diritto d'autore.
L'Unione Europea aveva concesso sessanta giorni ai singoli Paesi, Italia compresa. Gli Stati inadempienti obbligati a rispondere alle obiezioni. L'ultimo step è ora individuabile nella reazione meditata dell'Esecutivo dell'Unione. Farà sapere, si esprimerà, darà una risposta. Semplice il tema: la nuova legge italiana risponde oppure no alle indicazioni comunitarie. In fibrillazione i parlamentari che si sono spesi per mettere insieme la legge che non piace ai pirati dell'online.