La notizia è passata sotto silenzio proprio qui, nel Paese che solo qualche mese fa non faceva altro che parlare di Mes più di quanto se ne parlasse in tutti gli altri diciotto Stati dell’area euro messi assieme. Qui si litigava ferocemente solo evocandolo, invocandolo oppure osteggiandolo. Al bar come in tv non si parlava d’altro: la sua costante presenza nel dibattito politico ha mandato in tilt interi partiti e tenuto in scacco governi per settimane. Il Movimento 5 Stelle è entrato in profonda crisi di identità, costretto a coniare astruse locuzioni in politichese per votare Sì alla sua riforma pur dicendo No alla sua riforma. Come dimenticare, tra le altre cose, la celebre “logica del pacchetto” sostenuta ai vertici europei dall’ex premier Giuseppe Conte, e di cui non è rimasta traccia, né del pacchetto né tantomeno della sottostante logica qualora ve ne fosse stata una. Per non parlare dell’ossessiva campagna mediatica di Italia Viva: i salotti televisivi erano presi d’assalto dai suoi volti più e meno noti, tutti con l’aria di chi sa far di conto, per dire che l’Italia era finanziariamente spacciata se non lo avesse utilizzato durante la pandemia, salvo poi sostenere che “non ne siamo innamorati”, una volta arrivato Mario Draghi a Palazzo Chigi. Una repentina perdita di interesse che è coincisa, stranamente, con una delle prime dichiarazioni dell’ex banchiere centrale dell’eurozona da poco nominato premier: “Con questi tassi di interesse, non è prioritario”. Polemica durata mesi, chiusa con tre parole.
Insomma, nonostante sia stato a lungo al centro di un poco edificante dibattito, la politica italiana non si è accorta di un fatto dall’altissima carica simbolica: il Mes è diventato grande, il Mes vuole comprare casa. Il fondo Salva-Stati, che si è guadagnato una pessima fama per il brutale trattamento riservato alla Grecia durante la crisi del debito, stanco di pagare il fitto per i suoi uffici ha bandito una gara per il progetto di un nuovo edificio dove stabilire una volta per tutte la sua dimora. È un passo importante, le famiglie lo sanno bene, quando si passa dal fitto all’acquisto, dalla pigione al mutuo. Ma è anche sintomo di prosperità, di fiducia nel futuro e di una certa sicurezza economica, per nulla scalfite dal fatto che dell’ultimo strumento finanziario creato e messo a disposizione dei Paesi europei durante la pandemia (la linea di credito per le spese sanitarie), per quanto conveniente, nessuno abbia voluto saperne.
Il bando è aperto fino al 10 settembre a tutte le aziende che hanno sede nei Paesi dell’Unione Europea e non solo, anche attraverso consorzi, e tutte le candidature saranno trattate in forma anonima. In realtà, se è passata inosservata, è perché la notizia è stata pubblicizzata solo sui media lussemburghesi. La sede prescelta per il nuovo edificio è infatti una zona del granducato, l’altopiano di Kirchberg, dove ci sono già diverse istituzioni dell’Ue come la Corte dei Conti, la Corte di Giustizia europea e alcuni uffici della Commissione. Una vicinanza non solo simbolica dal momento che, com’è noto, il Fondo Salva-Stati è una banca di diritto lussemburghese esterna al perimetro delle istituzioni europee con le quali però ha un rapporto costante: supervisiona la corretta esecuzione dei programmi di aggiustamento, valuta la sostenibilità del debito pubblico dei Paesi che ha assistito, partecipa alle riunioni dell’Eurogruppo da una posizione di rilievo, ha rapporti frequenti con i leader europei.
Compiti ardui che richiedono una dimora all’altezza, soprattutto di proprietà. D’altro canto, spiega il fondo, il progetto è in linea con le raccomandazioni della Corte dei conti Ue “secondo cui possedere uffici invece di affittarli porta a risparmi significativi per le istituzioni nel lungo periodo”. Singolare: l’istituto finanziario che per definizione dovrebbe far risparmiare ai suoi clienti risorse preziose ha impiegato anni per arrivare una banale conclusione di economia domestica, ammettendo implicitamente di aver sprecato soldi: i suoi.
L’aspetto più interessante della faccenda però è un altro. La nuova casa del Mes, che avrà una dimensione di oltre 50mila metri quadrati tra fuori terra e interrato, non sarà destinata solo agli uffici della banca sovranazionale ma pure a quelli statali e amministrativi del Lussemburgo. Una contiguità fisica tra uno Stato membro considerato paradiso fiscale e una società finanziaria dalla controversa nomea che di certo non depone molto a favore dell’indipendenza dell’organismo guidato dal tedesco Klaus Regling, già più volte messa in discussione dai suoi detrattori.
Finito in un cono d’ombra che ormai si protrae da mesi, il Mes non scalda più i cuori di quei partiti che lo consideravano la panacea per tutti i mali e l’unica via per uscire dalla crisi la pandemica ma la notizia del grande passo intrapreso dal Fondo Salva-Stati darà quantomeno un leggero sollievo agli orfani, seppur silenti, del dibattito che fino a ieri appassionava e divideva l’intero arco politico e oggi nemmeno lo sfiora. L’ultimo che ne ha fatto cenno pubblicamente di recente è stato il segretario del Pd Enrico Letta, ma senza quel brio a cui i cittadini erano ormai abituati quando il Mes veniva tirato in ballo: “Dobbiamo rafforzare le istituzioni, perché costruirle ex novo è una fatica. Guardate il Mes, sembrava che dovesse essere la soluzione di tutti i problemi, è stato talmente controverso che non lo abbiamo usato nemmeno in questa situazione, come sarebbe stato ovvio”.
Anche perché nel frattempo la Commissione Europea ha dimostrato di poter prestare da sola quel servizio che il Meccanismo europeo di Stabilità tanto si prodiga nell’offrire senza che nessuno più glielo chieda (tranne i soliti noti italiani): ovvero, raccogliere capitali sui mercati a tassi vantaggiosi e distribuirli agli Stati in cambio di condizioni. Proprio quello che è avvenuto con il Recovery Fund.